Centro Studi Ermetici Alchemici

I LUOGHI SACRI O DI POTERE

La terra contiene dei tesori nascosti, luoghi ritenuti sacri perché punti di confluenze di energie naturali, luoghi dove l’armonia si crea naturalmente: i cosidddetti “luoghi di forza”, zone cioè cariche di particolare energia, che gli antichi ben conoscevano, tant’è vero che le scelsero per erigere monumenti e santuari destinati a imbrigliare e sfruttare al massimo le benefiche radiazioni terrestri. Nel corso del tempo la terra è stata amata e onorata da chi percepiva e constatava il potere di queste energie, e insegnava a vivere nell’armonia e nel rispetto di queste forze del creato.
L’universo obbedisce a delle leggi; tutto l’universo è ritmo. Ma tutte le leggi, quindi tutti i fenomeni, sono correlati fra di loro e con il Tutto; è dunque ipotizzabile che la conoscenza della pietra, o dell’albero o dell’uomo possa fornire la conoscenza delle grandi leggi universali e dell’universo stesso, a condizione però, di raggiungere l’essenza stessa delle cose, e non solo la loro apparenza fenomenica.
Nelle società arcaiche, sia del neolitico che precedenti, tutto lo spazio aveva un valore sacrale, nel senso che la simbiosi tra uomo e ambiente era tale da rendere indefiniti i confini fra l’essere vivente e l’universo che lo circondava.
E’ palese che gli antichi non facessero distinzione tra il sacro e il profano. Tutto ciò che aveva vita, pietra compresa, aveva un suo aspetto sacro, in quanto probabilmente, portatore di vita. In questo modo essi dimostrano di essere stati più progrediti di noi, che, al contrario, conduciamo un’opera di desacralizzazione.
Per l’uomo eufemisticamente chiamato “preistorico” tutto è sacro, tutto è fonte di meraviglia e tutto può trasformarsi in vita o morte. Al di là di ogni azione c’è il mondo delle potenze invisibili, immanenti o trascendenti che, in un modo o nell’altro, modifica o stravolge l’esistenza. Per tale ragione ogni azione è sacra, ogni atto quotidiano è una celebrazione, un rito, un rendere orientate e propizie le azioni che caratterizzano la vita di gruppo.
All’interno di questi spazi e tempi sacri esistono luoghi resi ancor più sacri, inviolabili, intangibili, dalla presenza di particolari forze evocate dallo sciamano o proprie della memoria religiosa del gruppo. In tali spazi (cerchi di pietre, grotte, boschi, caverne, intere montagne, laghi ecc.) si svolgono cerimonie di collegamento al mondo delle potenze superiori.
In un’ottica arcaica dunque, individuare uno spazio sacro equivale ad incontrare una porta, spaziale o temporale, dalla quale si può accedere a dimensioni particolari. L’iniziato sente tale passaggio, lo riconosce in base a determinati segni e lo utilizza per il bene della comunità.
La costruzione sacra si inserisce dunque in uno spazio opportunamente preparato, dove spesso protegge o accoglie una manifestazione della divinità.
Prima dunque di manifestarsi negli edifici l’architettura sacra ha origine in un colpo d’occhio, secondo un procedimento simile a quello che ha permesso agli uomini di riconoscere collegamenti e disegni nel cielo stellato, suddividendolo in costellazioni.
La spiegazione più probabile per questa operazione è che si tratti di una costante innata, un’informazione attiva nel cervello degli uomini come se fosse una verità oggettiva.
Anche gli animali sono in grado di riconoscere i “luoghi giusti” per ogni attività, ma lo fanno istintivamente e non cercano di riprodurli artificialmente. Gli uomini antichi invece erano in grado di riprodurre le caratteristiche della natura che ritenevano più ricche di suggestione e di significato.
Oggi questa antica sapienza è stata in gran parte dimenticata, però probabilmente ognuno di noi, senza saperlo, ne ha fatto esperienza. Chi ha visitato per esempio Stonehenge, la Grande Piramide, Delfi, Olimpia, Paestum, Glastonbury o la cattedrale di Chartres in Francia avrà percepito la forza, la pace e l’armonia che queste località emanano, attribuendole alla bellezza della natura e dell’edificio. Il che è senz’altro vero, ma c’è qualcosa di più: l’energia del luogo.
E’ di questa energia, di questa forza che tratteremo. Un discorso che riguarda ognuno di noi in quanto non coinvolge soltanto luoghi eccezionali come quelli sopra citati, ma tutto il nostro ambiente di vita. Si tratta di un campo di ricerca affascinante ma ancora relativamente poco noto, e ci può aiutare a guardare il mondo circostante con occhi nuovi, a viverci con più consapevolezza, ad averne maggior rispetto e, perché no, anche a scoprire il proprio personale luogo di forza.
Il luogo magico è soprattutto un punto particolare della superficie terrestre, nel quale vengono ad incrociarsi alcune correnti telluriche, creando un campo psicomagnetico più o meno armonico o disarmonico.
L’uomo dell’antichità aveva un rapporto privilegiato con la natura, che per lui era animata e sacra, e definiva “genius loci” (il genio del luogo) l’essenza, la forza di un luogo; una forza percepibile al punto da indurlo ad interpretarla come divinità e personificazione degli elementi naturali, monte, pianura, fonte o fiume che fossero.
Il “genius loci” che poteva avere carattere benevolo ma anche malevolo, era quindi individuato sia in luoghi edificati sia in località naturali dalle quali emanava una particolare radianza. A lui erano consacrate grotte naturali, boschetti, alture, che sovente venivano corredati di semplici altari e circoscritti con pietre per delimitarne l’accesso. Anche singoli alberi potevano essere oggetto di culto.
Anche gli antichi, pur non disponendo delle attuali conoscenze scientifiche e dei moderni mezzi di indagine e misurazione, sapevano bene che il genius loci poteva non essere benevolo e che di conseguenza non tutti i terreni erano adatti per abitarvi.
Col cristianesimo il genius loci perde importanza, come qualsiasi elemento della cultura pagana, che viene o soppresso perché considerato “diabolico” o fagogitato ed adattato, con operazioni culturali molto dubbie, alla mentalità e alla ritualità cristiana. Ma la riacquista nel Medio Evo sotto forma di pellegrinaggio; e resta comunque sempre presente nella mentalità popolare come credenza nelle fate, negli gnomi, negli spiriti benigni e maligni legati a determinati luoghi. Li ritroviamo nelle fiabe di tutto il mondo e nelle leggende locali.
Con l’avvento dell’illuminismo, del razionalismo e del positivismo tutto viene smitizzato e privato di gran parte del suo fascino. Al genius loci non si crede più, lo si interpreta come proiezione della psiche primitiva; ma con l’epoca romantica il genius loci viene riscoperto: si ritorna al paesaggio naturale, si riscopre il fascino della natura incontaminata.
L’inizio del terzo millennio vede un ritorno alla credenza nel genius loci, non tanto come divinità a cui tributare un culto, quanto come consapevolezza dell’energia che si sprigiona da certe località.
Naturalmente, eventuali formazioni cristalline esistenti nel sottosuolo possono contribuire a caricare magneticamente il luogo, così come pure i venti che in prevalenza spirano sulla regione, l’angolo di esposizione alla luce solare e le precipitazioni piovose. In effetti, tutto ciò che costituisce l’ambiente naturale della località presa in esame influenza la sua “magicità”, anche se le correnti esistenti nel sottosuolo rimangono il dato fondamentale e determinante.
Poichè l’energia psicomagnetica del pianeta scorre a una certa profondità rispetto alla superficie –prevalentemente nello strato roccioso sottostante il terreno di coltura e alluvionale più recente – in molti casi è sufficiente che una singola corrente risalga in prossimità del piano di campagna, magari sfruttando la presenza di una roccia affiorante all’aria aperta, per dare origine a un’area magnetizzata. Ciò accade molto spesso sui fondovalli montani, in prossimità degli enormi macigni che si ergono fra i prati come piccoli rilievi montuosi, oppure sulle spiagge sabbiose interrotte da scogli isolati e composti di roccia molto più scura. Gli antichi celti, che conoscevano bene il valore terapeutico di simili luoghi, costruivano spesso intorno a questi pietroni dei sacelli naturali.
Ora, quando parliamo della magicità di un luogo, ci riferiamo all’intensità e al tipo di campo psicomagnetico che lo distingue dai dintorni.
L’energia che vibra generando tale campo viene definita psichica, pur provenendo da una o più correnti telluriche, perchè in effetti è dello stesso genere di quella prodotta dal pensiero umano. Da un punto di vista intellettivo ed emozionale la specie umana infatti vibra in profonda assonanza con il pianeta, del quale rappresenta il livello di coscienza più evoluto.
Nulla di strano quindi che l’energia utilizzata dalla coscienza planetaria, attraverso la rete di correnti telluriche, sia analoga a quella emessa dalla mente umana nell’ambito della dimensione psichica. In tal senso possiamo dire che un luogo magico è una località nella quale l’essere umano può entrare profondamente in contatto con l’Intelligenza planetaria che qui si manifesta con particolare intensità di frequenza. Ecco perchè visitare un luogo magico facendo tacere la mente razionale e aprendo la propria intuizione all’energia che lo carica magneticamente significa letteralmente entrare far parte di qualcosa di più grande e penetrare nella rete di coscienza del pianeta, oltrepassando i limiti dell’identità personale che solitamente ci definiscono. Equivale insomma a specchiarsi in un’Intelligenza più ampia.
Da un punto di vista obiettivo, invece, un luogo magico derivante dall’incrociarsi di molteplici correnti energetiche corrisponde a un vortice tellurico, una specie di chakra terrestre che agli occhi del chiaroveggente assume le sfumature cromatiche più varie. Un’area magnetizzata al punto da rendere possibili anche eventuali modificazioni dello scorrimento temporale, influendo sulla sequenzialità degli eventi. Sono episodi di una storia del tutto sconosciuta, ma non vi è dubbio che all’origine della costruzione di molti edifici sacri, specialmente nei tempi da noi più lontani, vi sia stata la necessità di imbrigliare geometricamente le energie contrastanti, nel tentativo di riordinarne il flusso. In tal senso, le apparizioni angeliche o diaboliche costituiscono molto spesso la traduzione umana, in immagini comprensibili e antropomorfe, di manifestazioni impersonali e del tutto trascendenti la dimensione fisica.
Per accostarsi ai luoghi magici è importante tenere sempre ben presente che è la mente a creare le immagini con le quali rivestire realtà incomprensibili o inaccettabili. Solo in questo modo è possibile comprendere come questi punti favoriscano fra l’altro l’esteriorizzazione degli stati d’animo di coloro che li visitano.
Al di là dell’uso politico, compiuto dalle organizzazioni statali o religiose, e oltre l’ascesi mistica della creatura che tende al proprio creatore, un luogo magico, opportunamente compreso da una forte volontà esplorativa, diventa un autentico centro di potere, laddove per potere si intende la possibilità offerta alla coscienza di oltrepassare i limiti della psiche umana, per aprirsi su orizzonti mentali che conferiscono ad ogni cosa un significato nuovo e sconosciuto. Ciò che conta è riuscire ad entrare in rapporto profondo con il posto e con la particolare magia che lo magnetizza.
Per approfondire ulteriormente la comprensione di cosa davvero sia un luogo dotato di un potente campo magnetico, bisogna rendersi conto che esso corrisponde a un punto nel quale la Terra, o meglio la coscienza planetaria di Gaia, esprime se stessa al massimo livello.
La terra sulla quale abitiamo non è un organismo inerte e neutro, ma una creatura vivente, dove tutto è collegato e interagisce; si può perfino ipotizzare che la terra sia una creatura vivente dotata di un suo organismo, di una sua evoluzione. Per analogia con il corpo umano, dotato di circolazione sanguigna e nervosa, così la terra è percorsa e irrorata da un sistema di acque sotterranee e correnti magnetiche che emanano vibrazioni; tale situazione può produrre risultati assai diversi, creando luoghi “positivi” (gli esperti parlano a questo proposito di luoghi “alti” di energia, per esempio quelli dove troviamo i grandi monumenti sopra citati) e luoghi “negativi”. Luoghi cioè – i primi- che donano armonia e benessere, e luoghi che succhiano energia o addirittura possono provocare malattie: le cosiddette zone geopatogene.
Dal punto di vista della struttura e della dinamica i luoghi di forza, o luoghi magici o luoghi di potere che dir si voglia, si distinguono essenzialmente in spirali, croci verticali e raggiere. Le spirali a loro volta si possono suddividere in vortici attrattivi verso il basso e vortici proiettivi verso il cosmo.
Similmente agli esseri umani che lo popolano, il nostro pianeta manifesta contestualmente forti resistenze ai cambiamenti che lo interessano e contradditorie tendenze a evolvere in direzione di una maggiore apertura cosmica. E questo alternarsi di impulsi si traduce nel gioco celle correnti energetiche che lo percorrono, manifestandosi come altrettante personalità presenti all’interno di un unico organismo planetario. Ecco quindi perchè fra le spirali esistono vortici attrattivi rivolti verso il centro della Terra e vortici proiettivi in direzione del cosmo.
I luoghi magici corrispondenti al primo tipo vengono spesso e volentieri utilizzati da quella che è popolarmente conosciuta come magia nera, poichè favoriscono e accentuano il legame esistente fra l’animo umano e la fisicità della dimensione terrestre. In questi particolari punti la coscienza di Gaia si riassorbe in se stessa, sprofondando nel vortice creato dall’incontro di due o più correnti telluriche che ruotano vertiginosamente con movimento a spirale verso il basso, similmente a ciò che accade in una vasca da bagno nel momento in cui si toglie il tappo.
Questi vortici attrattivi sono i luoghi ideali per esplorare le profondità dell’inconscio umano, in corrispondenza degli abissi oscuri che la psiche planetaria oppone al richiamo cosmico. Esiste in ogni essere umano una tendenza all’involuzione e al ripiegamento della vitalità sul proprio nucleo oscuro perchè qualcosa di analogo viene sperimentato dal pianeta stesso nei luoghi in cui dallo scontro di opposte correnti telluriche nasce un vortice attrattivo, sorgente e simbolo di ogni possibile egoismo. A prima vista questi vortici potrebbero sembrare negativi, ma in loro assenza la Terra si disgregherebbe disperdendo nello spazio il proprio magnetismo: senza di essi non potrebbe esistere alcun equilibrio.
Con struttura analoga, ma dotati di una funzione opposta vi sono invece i vortici che proiettano verso il cosmo le energie telluriche in eccesso. Anche in questo caso la morfologia del terreno non ha alcuna importanza, coincidendo questi veri e propri sfoghi energetici con profonde fessure come la faglia di Sant’Andrea in California e alcuni dei maggiori vulcani esistenti sulla Terra.
Come abbiamo visto, la terra è percorsa da acque sotterranee e correnti magnetiche, che emanano vibrazioni. Il campo di radiazione però non è omogeneo a causa di corsi d’acqua sotterranei che talora si incrociano, zone di diversa composizione geologica, acque stagnanti, anomalie del campo magnetico terrestre, presenza di minerali, faglie telluriche. La terra è anche esposta a irraggiamento cosmico ed extragalattico, e in luoghi di diversa struttura minerale la radiazione cosmica viene assorbita e riflessa in maniera diversa.
Anche per noi occidentali, nonostante l’abuso perpetrato negli ultimi decenni ai danni della natura e dell’ambiente, le cose stanno gradualmente cambiando: cambia soprattutto la coscienza del singolo e poco per volta, silenziosamente, sta nascendo una nuova scienza, la geobiologia, la disciplina che studia il rapporto tra l’uomo, il suo benessere e la sua salute e il luogo in cui vive, e insegna a vivere in armonia col mondo circostante. La bioarchitettura, cioè la progettazione di edifici in materiali compatibili con l’ambiente e la loro disposizione e orientazione rispetto ai punti cardinali, è una branca di questa disciplina.
Inoltre negli anni Trenta il medico tedesco Ernst Hartmann scopriì l’esistenza, ovunque sul pianeta, di un reticolato di pareti energetiche di elettromagnetismo, che ha origine al centro della Terra e arriva fino a 1500 metri di altezza circa. Dove la pareti si incrociano si forma un nodo di energia molto forte che può risultare dannoso per l’organismo; ma allo stesso tempo questi incroci di linee di forza maggiori, che indicano l’emergere di proiezioni perpendicolari dell’energia rotante (o vortici di energia) della Terra, hanno ognuno le sue proprie peculiari caratteristiche, e possono essere anche altamente benefiche. Esse servono per ricevere e trasmettere diverse energie dai mondi invisibili, ed è quindi ipotizzabile che fungano anche da amplificatore di energia, che può essere di volta in volta positiva o negativa, visto che non tutto è necessariamente assolutamente positivo o negativo, e spesso le energie magnetiche terrestri fanno come da “specchio” per l’input dell’umanità. Comunque Hartmann, che era un tecnico, aveva misurato la conducibilità elettrica della pelle, constatando che il soggiorno su zone neutrali produce effetti molto diverse dal soggiorno su zone disturbate.
Oggi, oltre a pendolo e bacchetta, che sono metodi certamente soggettivi (ma i successi dei rabdomanti e dei radioestesisti nell’individuare acqua e minerali la dicono lunga sull’efficienza del metodo), esistono altri strumenti di misurazione: il contatore Geiger per registrare la radioattività locale, il geomagnetometro per misurare le anomalie del campo magnetico terrestre statico, e il biometro per misurare l’intensità dell’energia di un luogo.
Quest’ultimo strumento è un calcolatore di misurazione ideata dal fisico francese Alfred Bovis, e poi perfezionata dall’inglese Simoneton. Alla base c’è l’utilizzo del pendolino radioestesico da parte di autentici esperti, e come metro di valutazione si parla di “unità Bovis”. Il biometro ha un scala media che va da 0 a 10000 unità Bovis. Il valore medio e naturale è 6500 Bovis: al di sotto di questo valore il luogo sottrae energia all’uomo, al di sopra lo carica fisicamente. Un luogo con 7000-9000 unità Bovis è già positivo per l’uomo, ed è anzi considerato ottimale. Oltre le 9000 unità il carico energetico può risultare eccessivo per chi vi soggiornasse costantemente, però 10000 unità Bovis e oltre apportano le energie che indirizzano a una coscienza superiore.
Alcuni luoghi di potere in cui sorgono cattedrali e monumenti megalitici registrano fino a 18000 unità Bovis, perciò i siti prescelti per la costruzione non potevano essere stati scelti a caso.
Questi luoghi rivelatori di una grande energia si troverebbero invariabilmente ad essere occupati da qualche forma di culto presente dall’antichità ai nostri giorni.
Negli anni Venti sono state scoperte, o meglio, riscoperte, in Inghilterra linee energetiche di collegamento fra edifici di culto storici e preistorici: le cosiddette Ley-lines o più brevemente Leys. Chi si occupa di geomanzia e geobiologia ne sente parlare di frequente, in quanto il tema è ancor oggi molto attuale.
Già in precedenza gli archeologi avevano notato nell’edilizia sacra dell’antichità la tendenza ad utilizzare linee diritte, ma fu l’inglese Alfred Watkins che nel 1921, studiando le carte militari dell’Inghilterra scoprì che i siti preistorici (colline artificiali, menhir – cioè cerchi di pietre costituiti da monoliti detti dolmen, e cromleq, cerchi di pietre più piccole, ecc.) si trovavano su linee diritte lunghe molti chilometri. Il ripetersi di queste situazioni fece intuire a Watkins che non poteva trattarsi di casi fortuiti. La scelta degli allineamenti doveva essere stata intenzionale.
Watkins, che conosceva il paese capillarmente, ritenne di aver scoperto ciò che restava di antichissime vie di commercio risalenti ad epoca neolititica, conservate e utilizzate anche dalle civiltà successive e nel tempo dimenticate. Continuando però i suoi studi, si accorse che su quelle stesse linee erano stati edificati borghi, fortificazioni, chiese, ed innalzate croci. Watkins documentò le sue scoperte con delle fotografie e da allora per individuare le antiche linee energetiche fu addirittura creata un’associazione di appassionati.
Di sicuro si può dir questo: “Ley”, termine preso dall’antica lingua sassone che significa “pista diritta”, indica un collegamento perfettamente allineato senza deviazioni tra almeno tre luoghi di culto: celebre il collegamento tra Stonehenge, il sito archeologico di Old Sarum, la cattedrale di Salisbury e altri due siti preistorici.
Le “ley lines” che esistono non solo in Inghilterra ma in tutta Europa, dalla Scandinavia alla Spagna, sono state paragonate a linee telefoniche per la loro funzione di scambio di energia e di informazioni. Si tratta di vie energetiche - sulle quali sono stati riscontrati valori vibratori molto alti - accompagnate da corsi d’acqua sotterranei in armonia con l’energia della rete globale di Hartmann. Le pietre che l’accompagnano ne potenziano l’energia.
Criteri analoghi sono riscontrabili in Cina, dove da tempo immemorabile sono note le “vie del drago”, gli antichissimi sentieri di energia. Ancor oggi in quel paese il luogo sul quale erigere una costruzione viene accuratamente studiato, affinchè il nuovo edificio sia in buona risonanza con l’ambiente circostante.
A regolare le scelte è il già citato Feng Shui (che significa “vento e acqua”) risalente a tempi molto antichi: si ritiene infatti che abbia al suo attivo almeno tremila anni di pratica. In Cina nessuna costruzione viene avviata senza consultare l’esperto in Feng Shui, che consiglia sulla zona presa in esame, ed è in grado mediante le sue conoscenze e l’applicazione della sua arte, di agire sulle energie locali per equilibrarle ed armonizzarle.
In base al Feng Shui infatti sulla terra esistono due correnti magnetiche o meglio due energie che si integrano e si completano a vicenda: una maschile, positiva ed attiva, e una femminile negativa e ricettiva, i ben noti principi di Yin e Yang, che rappresentano tutti gli opposti-complementari delle manifestazioni energetiche dell’universo.
Un “luogo di forza” è , come abbiamo visto, un sito di particolare energia cosmo-terrestre; un luogo che affascina, dove si vorrebbe rimanere a lungo, dove la mente si acquieta e l’animo è in pace. In tali luoghi, percettibili a livello soggettivo, le vibrazioni energetiche sono anche misurabili con apposite strumentazioni.
Un architetto austriaco di nome Purner si è dedicato negli anni Settanta alla ricerca e alla misurazione radioestesica di vibrazioni positive in centinaia di siti archeologici e antichi luoghi di culto, alcuni dei quali si sono poi trasformati in chiese cristiane.
Egli spiega che i costruttori ritenevano che le radiazioni terrestri potessero influire sull’atmosfera dei luoghi di culto e anche sulla sensibilità delle persone che vi assistevano; ed edificando in quel luogo e in quel modo volevano far sì che i sacerdoti superassero se stessi. In altre parole, volevano aiutarli a prendere contatto con la dimensione spirituale.
Gli antichi avevano evidentemente un istinto speciale che oggi, nell’era della tecnica in cui tutto viene misurato con strumenti, si è perso. Purner studiò chiese cristiane, monumenti pagani, tombe megalitiche, i menhir e i cromleq, e notò che le grandi cattedrali, per esempio Chartres, sorgono su luoghi che furono un tempo dei celti, e tutti senza eccezione si trovano su corsi d’acqua (sotterranei o anche di superficie), con particolare concentrazione di energia nella zona dell’altare.
E’ interessante notare che nelle chiese che non hanno più la forma originaria, che cioè sono state ampliate o modificate, è molto facile, tramite la radioestesia, individuare la primitiva zona dell’altare o del punto centrale del culto, anche senza sapere dove si trovasse in origine. Gli ampliamenti sono stati evidentemente compiuti in un’epoca in cui queste conoscenza erano ormai andate perdute. Ci sono molti altri dettagli che indicano la presenza di energie armonizzanti nella disposizione e nell’orientazione delle cattedrali gotiche, e perfino in apparenti disfunzioni architettoniche che però sono funzionali all’incameramento di particolari energie in quel punto specifico.
Le variazioni architettoniche sono innumerevoli, ma il significato è sempre lo stesso: il luogo era già “sacro” cioè forte, carico, armonico, e quindi lì si doveva costruire. Non era quindi il tempio o l’edificio di culto a rendere sacro il posto, ma viceversa. Gli antichi, in altre parole, sapevano che le radiazioni locali positive dovevano essere imbrigliate, rafforzate, rese ancora più potenti, e questo doveva essere fatto attraverso la forma dell’edificio. Porre in determinati luoghi pietre, torri, colonne o anche piantare un albero equivaleva a fare un vero e proprio lavoro di agopuntura per imbrigliare e mantenere sane le forze vitali.
Il luogo di culto era quindi uno strumento per conservare e rendere ancora più valide le forze naturali, una vera e propria cassa di risonanza. In genere infatti l’altare o il punto davanti all’altare, è una vera e propria cassa di risonanza dell’energia; poi hanno un ruolo la direzione dell’edificio e la sua struttura, le sue dimensioni.
In conclusione rimane l’evidenza del fatto che ogni qualvolta un individuo penetra in un luogo magico ne subisce gli influssi, innanzitutto e particolarmente sul piano dei propri stati d’animo, mentre risultano assai più rari e sporadici i casi di fenomeni che avvengono direttamente sul piano fisico. Comunque è ovvio che l’atmosfera di certi posti è in grado di aiutare a prendere contatto con le realtà superiori, con la trascendenza. Quella che ci sospinge è una corrente psichica che ci innalza al di sopra del nostro limitato punto di vista, trasportandoci in luoghi del pensiero dove ogni essere ci mostra le sue qualità migliori e ogni cosa è bella, armonica, completa.
Noi oggi abbiamo perduto queste conoscenze perché ci muoviamo solo in termini razionali, però dovremmo imparare a portare a livello di coscienza le realtà immateriali che ci circondano, ma sulle quali non siamo più sintonizzati. Ma i campi energetici sono una realtà, e tutto è in rapporto con tutto. La psiche vibra in assonanza con la coscienza planetaria, ed è quindi coinvolta dalla carica magnetica di un punto di forza, registrata come un intensificarsi del dialogo ininterrotto che l’essere umano porta avanti con la Terra fin dal momento della nascita, pur senza esserne consapevole. In ogni caso comunque è sempre la psiche a fungere da tramite fra le energie telluriche presenti e il contenitore umano sottoposto alla loro azione.
Trattandosi di località legate a una particolare dimensione energetica nelle quali, com’è noto, possono scatenarsi ed essere sviluppati particolari poteri psichici, legati ad esempio all’arte della guarigione, alla conoscenza del futuro e al successo nella vita, il parlar di positività e negatività conduce l’immaginazione a creare scene già ben conosciute e collaudate. In realtà, la valenza positiva o negativa non esiste a priori, e proviene unicamente dall’impulso emotivo che spinge l’individuo a ricercare sempre e comunque l’approvazione del principio ideale che egli elegge a proprio idolo. In altri termini, non esistono sul pianeta luoghi magici che possano dirsi positivi o negativi più di quanto non esistano coltelli buoni o cattivi. L’intenzione posta a monte dell’uso di qualsiasi oggetto ne determina il risultato finale. Come ben intendono i cinesi rappresentando l’universo in base all’eterno rimescolarsi delle contrapposte energie yin e yang, qualsiasi luogo magico deve la propria esistenza al mantenimento di un sottile equilibrio delle energie che lo animano, nel quadro complessivo dell’equilibrio planetario.
Esiste anche il luogo di forza personale? Nella nostra epoca così stressata e frenetica sarebbe assai benefico contare su di un luogo capace di ricaricarci; un simile luogo è importante come il nutrimento, in quanto la nostra vitalità e il nostro benessere possono dipendere in larga misura dal sito in cui viviamo o dove ci tratteniamo a lungo.
Il luogo di forza personale non deve necessariamente essere una celebre cattedrale, un grandioso monumento megalitico o una località ricca di memorie storiche, come quelle che abbiamo descritto: può essere un posto privo di edifici prestigiosi, poco appariscente o addirittura modesto, ma capace di donare equilibrio e serenità. Può trattarsi anche di un angolo di natura, addirittura del proprio giardino: a volte infatti può bastare mettersi sotto un albero sano e appoggiarsi al suo tronco per assorbire la benefica energia della pianta e sentirsi meglio.
L’ideale sarebbe imparare a gustare di nuovo il sapore dei luoghi: vi era un tempo in cui ogni luogo aveva un’aura sua, che si assaporava perfino nel vino e nell’olio, e nella qualità del pane. Essere capaci di ritrovare sensazioni ed emozioni, riuscire cioè a ricucire il rapporto, spesso interrotto, con l’ambiente circostante e di conseguenza fare di tutto per proteggerlo e risanarlo può essere un toccasana per la nostra salute fisica e mentale.
Persino un angolino della nostra casa può fungere da luogo di forza: un luogo cioè particolarmente raccolto ed armonico, dove ritirarsi a leggere, riposare o meditare dopo le fatiche della giornata, per raccogliersi e recuperare energie.
La persona sfornita di doti di sensitività e competenze tecniche (leggi radioestesia) può però trovarsi imbarazzata nell’individuare un luogo di forza e ritenere l’impresa troppo ardua. A quanto pare, invece, captare le vibrazioni sottili dei luoghi non è difficile: sarebbe sufficiente, dicono gli esperti, predisporsi mentalmente e consapevolmente a farlo.
Chiunque, passando su un punto di energia, entrando in una certa chiesa o percorrendone il chiostro, visitando un monumento – dalla piramide alla moschea- avvicinandosi a un megalite, a un bosco, a un lago, può percepire uno stato di benessere psichico e fisico: ecco che ha trovato un sito che, energicamente, entra in risonanza con lui. Il che significa che la vibrazione del luogo dà un input positivo alla rotazione delle sue cellule, le porta in equilibrio, crea benessere. Più il luogo è forte e più può entrare in risonanza con molte persone; esistono luoghi che danno una carica energetica ed equilibratrice a chiunque, ma anche accanto alla propria casa è possibile individuare simili luoghi, basta sapersi ascoltare e mettersi in risonanza con l’ambiente circostante, perché la migliore antenna esistente è l’uomo.

La relazione dei luoghi di forza con gli edifici sacri

Alle origini l’uomo viveva immerso in una dimensione in cui il soprannaturale (ossia le energie sottili che pervadono l’universo) riesce a comunicare con le creature della terra: uomini, animali, piante e addirittura pietre, fiumi e laghi, poichè tutto è animato dall’Unica sostanza che è in tutto, e in tutto si fa riconoscere. E’ allora che il simbolo fa la sua comparsa.
Mentre si sviluppa l’arte del costruire, progressivamente si perde la nozione del simbolo e l’elaborazione dello stile prevale sul significato di ciò che si costruisce; questo fenomeno è accompagnato anche dalla differenziazione degli stili architettonici.
La fondazione di un’area sacra nei primordi dell’umanità seguiva invece le stesse leggi e gli stessi passaggi in ogni parte della terra: la ricerca del sito giusto, cioè del luogo in cui il mana (la forza bio-elettrica o la traccia eterica; l’impronta spirituale-energetica dunque) degli antenati poteva proteggere la comunità e perfino interagire con l’uomo a livello energetico.
Lo spirito della terra, anche, le correnti sotterranee, il genius loci (lo spirito o genio del sito: la sua qualità energetica o la sua qualità informativa, in termini odierni) viene catturato e imbrigliato grazie al simbolo.
Molti concetti, noti da tempi lontani e poi dimenticati, vengono oggi riscoperti; e si riscontra un ritorno alle antiche concezioni della geomanzia (termine composto dalle due parole greche corrispondenti a “terra” e “vaticinio”), che era un’antica forma di divinazione: un pugno di terra o di sabbia veniva gettato su una superficie piana, e dalle forme che si aprivano il veggente desumeva le sue informazioni.
La geomanzia però era anche l’arte di individuare il luogo adatto per edificare templi, monumenti sepolcrali, cerchi di pietra, labirinti, osservatori astronomici.
Noi, uomini moderni, costruiamo in maniera anarchica, senza tener alcun conto degli elementi invisibili; gli antichi invece stavano ben attenti a costruire in modo da non turbare lo “spirito del luogo”, ad accrescere gli influssi positivi dell’ambiente e a mitigare quelli negativi. La struttura dell’edificio doveva essere in armonia con la natura circostante e creare con essa un tutt’unico: si pensi alla disposizione dei templi greci, sempre in armonia con l’ambiente circostante.
Tutti i popoli antichi hanno avuto la percezione che certi luoghi hanno un certo magnetismo e sono il centro di sottili forze soprasensibili, di difficile percezione per i sensi distratti dell’uomo comune; cime di montagne, grotte, sorgenti, corsi d’acqua sotterranei, zone vulcaniche, minerarie e solforose, gruppi di alberi secolari. In questi punti sorgono santuari o si edificano templi che rispettano precisi orientamenti con i punti cardinali e proporzioni architettoniche, per meglio raccogliere le energie.
Maestri in questo campo sono stati i cinesi, che idearono il Feng Shui, l’antica arte che in Cina è tuttora alla base del rapporto dell’uomo con la natura. Il Feng Shui individua le correnti nascoste di energia che percorrono la terra, allo stesso modo in cui i meridiani dell’agopuntura percorrono il corpo umano; e insegna a vivere in armonia con l’ambiente e a trarre il massimo beneficio dall’essere nel posto giusto al momento giusto.
Perciò uno dei momenti più importanti dell’architettura pre-moderna era costituito dalla scelta del luogo dove costruire l’edificio sacro, in base alla geomanzia, che consisteva nel ricercare, individuare, misurare le energie del luogo, scoprirvi i nodi di concentrazione (i nodi di Hartmann a cui si è accennato nel sottocapitolo precedente), punti favorevoli e propizi alle costruzioni, luoghi di collegamento per eccellenza. Tutta la fortuna e la sventura di un edificio dipendevano quindi totalmente da questa sapiente combinazione di geomanzia e aeromanzia, alla ricerca della migliore armonia di Yn e Yang.
Si è ormai persa la consapevolezza del fatto che era assolutamente ovvio per i Greci, per gli Etruschi, per i Romani e anche per i nostri antenati medioevali che ogni luogo ha caratteristiche particolari che non sempre sono adatte al monumento che si vuole costruire. Le caratteristiche della natura e del terreno non sono sempre identiche: alcuni luoghi emanano influenze positive, altri negative, altri ancora neutre.
Lo spazio nel quale andrà edificato l’edificio sacro, prima di essere scandito dall’opera dell’uomo, va quindi accuratamente scelto e preparato. Questa preparazione comporta la individuazione delle condizioni del luogo (presenza di corsi d’acqua, energie positive o negative, rocce-le quali determinano un certo magnetismo); l’individuazione di presagi tramite metodi di divinazione; la purificazione degli elementi tramite riti appositi; l’orientamento di ogni parte del luogo con la definizione di confini di protezione e tracciamento di sigilli; la fondazione vera e propria; e infine la consacrazione.
Il sito dove doveva sorgere un luogo di culto non era perciò umanamente scelto, bensì trovato attraverso la mediazione di segni e di conoscenze correlate alla percezione del sacro. Questa modalità procedurale è talmente “altra” e diversa rispetto alle ragioni profane che determinano attualmente l’individuazione del luogo idoneo alla costruzione, e ognuno può riflettere sul carattere di questo rovesciamento totale di prospettiva e di visione delle cose e della realtà.
Ogni monumento non è altro che l’illustrazione di fenomeni naturali, allude o riproduce idealmente una montagna, una caverna oppure un albero. Non si deve dimenticare infatti che i luoghi sacri sono stati collegati innanzitutto alla natura, ossia ai boschi, alle rocce, alle caverne, alle montagne.
La volontà umana di ordinare e di riprodurre quanto è già presente in natura avviene dunque solo in una fase successiva, in cui l’uomo agisce come se si volesse appropriare dei fenomeni naturali.
La voglia di organizzare lo spazio indica che l’uomo, dallo stadio di muta ed estatica contemplazione della natura passa a quello di “plasmatore” della natura che egli trasforma, modifica, e soprattutto imita e riproduce. Gli uomini antichi hanno guardato con venerazione gli alberi, le pietre e le montagne: ogni pilastro di un edificio deriva idealmente da un albero e una pietra, mentre lo spazio interno di un monumento riproduce una caverna.
Dalla più lontana antichità quindi costruire non è solo una pratica unicamente finalizzata a soddisfare un’esigenza reale, ma è anche un vero e proprio rito sacro.
Nelle antiche civiltà ad assetto tradizionale il cosmo è il modello di ogni costruzione, e tutte le costruzioni hanno il significato di un rito che ripete di volta in volta la creazione dell’universo.
Tutto ciò può accadere solo se si applica la scienza spirituale dell’omologia traspositiva per cui tutti gli atti compiuti dalla fondazione all’erezione dell’edificio sacro ed infine alla sua consacrazione rappresentano degli atti di vita che conferiscono continuamente vitalità all’insieme dell’organismo architettonico e che traggono fonte da un archetipo spirituale.
La costruzione di un edificio sacro è sempre stata preceduta dalla sacralità della natura. I culti più antichi sono stati dunque resi alle manifestazioni della natura. Il primo “asse” potrebbe dunque essere stato un albero, che è assimilabile alla spina dorsale dell’uomo: nella spina dorsale, quando è eretta, avviene uno scambio di energia dall’alto verso il basso e viceversa; essa è un’immagine dell’asse del mondo, che gli antichi scandinavi identificavano infatti nell’albero Yggdrasil, l’albero del mondo, il frassino che reggeva tutto quanto il mondo.
I Greci usavano consacrare alla divinità gli alberi grandi e maestosi, che potevano anche suscitare un sacro terrore a contatto con la potenza divina. E’ stato anche ipotizzato che figure umane suggerite dalla forma dei tronchi siano servite come modelli per le immagini delle divinità neolitiche.
La venerazione degli alberi sacri è diffusa presso tutte le religioni, con una preferenza per quelli da frutto che portavano nutrimento; l’adorazione degli alberi ha verosimilmente preceduto il culto delle pietre (il megalitismo). Fu agli alberi che gli uomini fecero le prime offerte e dedicarono per la prima volta dei riti.
Il primo santuario fu dunque un bosco in cui nulla era costruito. In seguito si eressero altari sotto gli alberi e si piantarono, questa volta intenzionalmente, i boschi sacri nei luoghi ad alta concentrazione di energia positiva.
Il simbolismo dell’albero e della roccia sacra apparve e si sviluppò in modo sincronico e parallelo all’intelligenza dell’uomo, come una necessità naturale, nel più remoto periodo del Paleolitico. Iniziò con dei disegni simbolici, linee, disegni geometrici, poi si manifestò con figura tracciate sulla sabbia, incisioni impresse sulla roccia, pitture parietali e ancora con azioni simboliche, gesti, danze mascheramenti.
Il “primitivo” era penetrato dalla certezza che la natura è popolata di potenze divine, di esseri soprannaturali presenti, viventi dappertutto e tutto animanti; tali credenze precedono la religione propriamente detta. Questa vita misteriosa si concentra dunque nella moltitudine degli alberi, delle foreste sacre, nelle pietre, come nelle 2991 del grande santuario preistorico di Carnac, pietre ritenute colme di forze divine, cattedrale di megaliti che si stende su una lunghezza di cinque chilometri, attraversando fiumi e sormontando colline.
Il passaggio successivo dall’albero alla pietra non significa abbandono del legno, ma convivenza tra due realtà naturali. L’importanza simbolica della pietra o roccia è particolarmente visibile nell’architettura megalitica che appare soprattutto nell’Europa occidentale a partire dal neolitico ed è caratterizzata dall’uso di grandi massi, pesanti fino a centinaia di tonnellate: sono i menhir, i dolmen e i cromlech.
Il dolmen, (una grande pietra posta orizzontalmente sopra altre due enormi pietre conficcate verticalmente nel terreno, i menhir) era anche chiamato “Fanum Mercurii” , cioè immagine di Mercurio, perchè ritenuto un monumento sacro al dio Mercurio (che, ricordiamo, corrisponde nella tradizione al dio greco Hermes, che veniva considerato l’intermediario fra uomini e dei , e al dio egiziano Thot, da cui si dice sia stata comunicata all’uomo la conoscenza collegata alla scrittura) e luogo della sua manifestazione. Esse hanno quindi rappresentato una forma primitiva di santuario.
Nell’architettura megalitica ai dolmen e ai menhir isolati si aggiungono i cerchi di pietre chiamati cromlech. Queste aree circolari delimitate da pietre sono presenti soprattutto nelle isole britanniche, nella regione pirenaica della Spagna e in Francia. Il più famoso di questi è quello di Stonehenge, nella piana di Salisbury in Inghilterra, ed è incontestabile che fosse un luogo di culto in relazione con il cammino del sole, con il moto dei pianeti e forse anche con le fasi della luna.
Montagne, colline e rocce sacre non possono essere scisse dal simbolismo dell’architettura religiosa; la roccia può rappresentare la montagna (da sempre considerata come dimora della divinità – come nel caso del Monte Olimpo in Grecia - o come l’asse su cui ruota il mondo, in alternativa all’albero del mondo: famoso in questo senso è il Monte Meru della tradizione indù. Anche per gli Ebrei il Monte Sinai è sacro perchè quivi Dio apparve a Mosè dandogli le leggi che ancora oggi guidano la loro religione).
L’esempio più calzante di montagna artificiale sono le piramidi, presenti in diversi punti del mondo, dall’America centrale all’Egitto, alla Bosnia, alla Cina, e fino a quelle sommerse di Yonagumi in Giappone.
La piramide costituisce in effetti l’immagine di una montagna sapiente perchè è stata costruita secondo proporzioni numeriche precise che richiamano i ritmi del cosmo e presuppongono la conoscenza delle dimensioni del globo terrestre. La piramide è essenzialmente un messaggio, il cui testo è contenuto nelle sue misure: esse sono state decise in base a un codice e contengono messaggi che riguardano tutto il genere umano. In questo senso la piramide, come la cattedrale, è un libro di pietra che val la pena di studiare.
Da tutte queste considerazioni è possibile ricavare la conclusione che sul piano più immediatamente espressivo, quello cioè che più salta all’occhio è che l’architettura sacra esemplifica, a partire dalle sue più antiche realizzazioni, un’acquisizione culturale di base: il privilegio assegnato all’uomo alla dimensione verticale. Tale dimensione si riscontra a partire dalla civiltà megalitica.
In ogni civiltà ad assetto tradizionale, nonostante determinate costanti, come il rispetto della sacralità di un luogo o l’adozione di ritmi, rapporti, misure e forme in relazione con il cielo astronomico, il monumento sacro ingloba caratteri specifici della cultura del tempo e ne è la manifestazione concreta.
Nelle cattedrali è visibile uno splendido matrimonio tra due tradizioni: quella greco-romana e quella celtica. A parte i dolmen e l’architettura cosiddetta megalitica di cui Stonehenge in Inghilterra e Carnac in Francia sono gli esempi più celebri (ma che d’altronde non sono affatto di origine celtica, furono solo adoperati dai celti in seguito), i Celti non ebbero mai particolare bisogno di costruire edifici di culto monumentali.
Essi sapevano riconoscere la voce della terra e le sue leggi ovunque si presentassero. I loro luoghi di culto non erano costruiti appunto perchè non c’era nessun bisogno di costruirli: la divinità era là dove parlava un albero oppure una pietra e l’acqua corrente, e i Celti riconoscevano in quei luoghi l’esistenza di qualcosa di speciale.
Il concetto di “bosco sacro” (lucus) non è estraneo alla religione romana (che certamente però lo ereditò dagli Etruschi), che spesso ne prevedeva l’esistenza nei santuari degli dei, ma nella religione celtica era essenziale.
Sulle rovine di questi centri di culto magico o religioso sono poi edificate in seguito chiese romaniche o cattedrali gotiche – le quale comunque rispondono a criteri di ispirazione esoterica in cui confluiscono conoscenza antichissime e certamente pre-cristiane, anche se nominalmente lo sono.
E’ un cristianesimo “di facciata”, l’etichetta essoterica che copre un’operazione di trasmissione di simboli e concetti inerenti ad un conoscenza esoterica-iniziatica; principali fautori di questa operazione furono i cavalieri Templari, che, essendosi fatti mediatori alla cristianità- tramite la loro esperienza in terra Santa e i contatti con altri popoli - delle conoscenze di tipo iniziatico, finanziarono e si occuparono della costruzione delle chiese della cosiddetta arte gotica, l’”art gotique”, etimologia da cui deriva il termine “gotico”, che però nulla ha che fare con i popoli goti - come si ritiene comunemente - visto che il termine si riferisce al linguaggio alchimico detto “argot”, che definisce proprio una struttura di linguaggio segreta, codificata in simboli arcani.
Nelle cattedrali la conoscenza della terra e della natura posseduta dai celti si è fusa con i numeri della scienza greco-romana, ispirata dalla scuola pitagorica.
Così in poco tempo è sorta una foresta di pietra, la cui chioma è rappresentata dai capitelli e dalle statue, e il cielo dal luogo dove viene per forza indirizzato lo sguardo.
Gli alberi hanno la forma dei pilastri, i rami sono richiamati dai costoloni delle volte, il terreno dal pavimento.
L’ingresso nella cattedrale appare quindi come una sorta di percorso che, dopo aver oltrepassato la “caverna”, rappresentata dal portale, conduce nella foresta di pietra, dove i pilastri sono la viva immagine degli alberi sacri dei druidi e dove le volte si incontrano come se fossero una galleria vegetale, costruita dalle chiome intrecciate di quegli alberi.
L’antica architettura sacra possiede un elemento decisivo, sconosciuto ai contemporanei: essa, infatti, può definirsi come l’applicazione di una scienza in grado di conferire vita a un edificio, rendendolo davvero vivente. La pietra di queste realizzazioni è viva e compone un corpo organizzato di elementi destinato a uno scopo che va ben oltre la semplice riunione occasionale di una molteplicità di individui.
L’apparenza sensibile dell’edificio, il suo “corpo” fisico, costituiva, per usare il linguaggio biblico, soltanto una sorta di tunica di pelle; la sua realtà manifesta, l’aspetto esteriore, poggiava su di un successivo livello di realtà non a tutti visibile.
Questa concezione trova la sua massima espressione nelle cattedrali gotiche medioevali, un periodo assai particolare in cui si poterono innestare, in molteplici stupefacenti realizzazioni, le cognizioni di matematica geometrico-pitagorica derivanti dal mondo classico.
Questo complesso di derivazioni astraeva il fabbricato dalla sua funzionalità apparente di luogo di raduno e di culto essoterico, e ne rinviava, attraverso le proporzioni in esso nascoste, alla sua finalità di riepilogo dell’universo. Nella pietra dei templi medioevali si compendiavano perciò le immutabili leggi dell’universo, colte, a livello formale, secondo la visione liturgica cristiana, che era l’unica ad essere accettata durante il Medioevo, e l’unica giustificazione ufficiale che si potesse dare ad un’opera in sostanza molto più universale secondo i suoi significati esoterici.
L’edificio di culto doveva quindi assolvere le funzione di trasporre e rendere comprensibile nell’immanenza l’immagine dell’universo trascendente. Per il nostro sentimento questi templi, provenendo per ispirazione direttamente dal mondo divino, possono essere compresi solo alla luce di questa ispirazione di fondo, che ne determina l’intima organica essenza.
Attesa questa finalità superiore può affermarsi che tutto il rivelato, il mostrato, l’esposto, era al servizio di questo scopo: tutto era mobilitato attraverso il simbolo che cattura i sensi e colloquia con l’anima, offrendo a “ciascuno il suo”. Il simbolo finiva quindi per comunicare la realtà più importante e remota, e cioè la costruzione architettonica dei mondi invisibili che sostengono il mondo visibile.
Le abitazioni stesse in epoche e civiltà tradizionali non nascevano per obbedire unicamente a una necessità funzionale, quanto piuttosto dalla necessità di inserirsi in una rete di relazioni con molteplici piani di realtà, sia essa quella visibile che quella invisibile.
Il raccordarsi al respiro cosmico, ai suoi orientamenti sacrali, significava vivere in un dimensione integrale, in un’ottica in cui la ripartizione sacro-profano non aveva ragione d’essere, poichè ogni atto della vita era in grado di assumere un valore che poteva ricollegarlo alla dimensione del sacro.
L’eclissarsi di queste nozioni, di tali orizzonti sapienziali è parallela a quella dell’eclissi spirituale del mondo moderno, epoca contrassegnata dall’amnesia della dimensione iper-fisica dell’individuo, ormai irrimediabilmente scollegato dai piani superiori del suo essere e rimasto unicamente persona solo nel senso tradizionale del termine (ci si riferisce ovviamente al fatto che il termine latino persona stava ad indicare la maschera che gli attori dell’epoca indossavano e che rappresentava il personaggio da ognuno di essi messo in scena. Da qui il termine italiano “persona” e “personalità”, che stanno entrambi ad indicare solo l’identità di superficie, quella terrena e transeunte dell’essere vero e proprio).
Questa vera e propria mutazione genetica, iniziata ai tempi della “caduta” e progressivamente intensificatasi nel corso delle epoche, ebbe l’effetto di produrre l’oblio dell’esistenza della corrispettiva “corporeità occulta” dell’edificio sacro; costruzione che, al di là delle apparenze sensibili, nasconde una trama invisibile, un corpo intangibile, che abbraccia diversi ambiti, da quello “energetico” facente parte di quello che è stato definito ordine divino immanente, a quello più prossimo al mondo divino vero e proprio, con l’incorporazione di vere e proprie porte di accesso alla realtà ultima.
Per esempio molte chiese moderne e contemporanee possiedono delle architetture davvero paradossali, e talvolta sembra persino difficile trovare in esse un asse di orientamento, tanto è contorto il senso della partizione dello spazio; saranno anche luogo di riunione di fedeli di una data religione, ma non sono certo più luoghi “sacri” (qui si usa questo termine a prescindere da ogni identificazione religiosa, ma piuttosto nel senso della presenza del sacro tracciata da ogni aspetto della costruzione).
Quando poi si ascoltano gli architetti che ne hanno promosso la genesi si hanno davvero i brividi: si sente parlare di “vuoti urbanistici”, di bacini d’utenza da soddisfare, ma mai si accenna al possibile collegamento a quella che dovrebbe essere la fonte stessa della sacralità: il centro metafisico, il luogo, cioè, che si pone in relazione con il centro dell’universo, fonte viva, di ogni creazione e, in definitiva, luogo unico della manifestazione della realtà.
Per conseguenza la realizzazione la fruizione dell’arte sacra non può discendere da elementi di natura sentimentale o psicologica, ma può esistere solo ed esclusivamente in chiave ontologica e cosmologica; essa non è il risultato delle fantasie, dei sentimenti o del “pensiero” dell’artista, ma è la traduzione di una realtà che, contemplata, oltrepassa i limiti dell’individualità umana. E’ questa in sintesi la peculiarità essenziale dell’arte e dell’architettura sacra: essere un’arte e un’architettura sovra-umana, e quindi celeste.
L’architettura ha conservato per lungo tempo i suoi significati originali, cosmologici, anche quando le altre arti, staccate dal principio ordinatore che ne presidiava il manifestarsi creavano ormai a livelli diversi, unicamente umani; livelli in cui l’anima etnica e il decorso temporale imprimevano, sempre più nettamente, la loro impronta deformante,e apponevano un velo oscurante che rendeva sempre più impercettibile il soprasensibile.
Oggi sappiamo che, persi i fondamentali principi ordinatori di orientamento cosmico, nessuna architettura è in grado di collocare l’uomo al centro del cosmo: l’architetto si è trasformato in un individuo completamente autoreferente, ovvero in una archistar.

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