Centro Studi Ermetici Alchemici

LA FABBRICAZIONE DELL'ORO

Chrysopea è anche detta e come tale conosciuta (per il vero più detta che conosciuta) l'Alchimia, in quanto l'ars aurifera, nel senso di arte di fabbricare l'oro.
Anzi, arte e scienza, arte poiché richiede un'attività d'immaginazione creativa, scienza – se pure in senso lato – poiché passibile di coerente sistemazione, seppur soggettivamente, nell'ambito dei dati di riferimento. In questi termini, “prima materia” dell'opera alchimica è una campionatura di sette metalli: argento,ferro, mercurio, stagno, rame, piombo, oro) ermeticamente chiusa in un vaso di vetro (alambicco) dal collo ristretto.
Si accendano quindi sotto alla “cucurbita” - cioè alla caldaia dell'alambicco – dei “fuochi” e si mantengano per tutta l'operazione “nec timide nec tumide”, come dire né poco né tanto, finché si veda che, entro il vaso, il “sottile” portandosi in alto, entro il collo (che viene a fungere da “cappa di stabilizzazione”) si separa dallo “spesso”, il quale invece si deposita sul fondo.
Si cambi allora la direzione dei “fuochi” in modo che dall'alto in basso il “sottile” precipiti ad irrorare, come fosse “rugiada”, di sé lo spesso.
Si rompa il vaso ed il contenuto dovrebbe essere l'”oro” purissimo...
Chiaramente è tutta una metafora, che l'alchimista però vive sulla sua pelle.
Però, mediante la metafora, si entra in quella dimensione (l'Immaginale)n che in Alchimia è la sala macchine della barca umana; si entra nell'ordine di un significato o di significati, di un aspetto o di aspetti, non concettualmente esprimibili in modo esauriente.
Orbene, il vaso è l'essere umano stesso, l'operatore, per sua natura e vie più nell'operatività alchimica fragile, come vetro che può facilmente rompersi.
I rischi, infatti, per l'alchimista sono all'ordine del giorno, di cadere nella psicosi schizofrenica, paranoica, quando non fisicamente nel suicidio.
Ma, proseguendo: i metalli intesi come fioriture della terra umana sono le valenze, le modalità psicofisiologiche individuali e che sottoposte alle forze impegnate (fuochi) nell'operazione (vicenda umana finalizzata) se ne glorificano, o meglio possono “glorificarsene”.
I fuochi stanno nella carica psichica che si deve investire nell'Opera e impegnare nell'arco di tutto il processo, detto “iter”.
Lo “spesso” è il proprio biografico, relativo alla propria identificazione e importanza personale, quella che fa dire “Lei non sa chi sono io!”, ma destinato in via materiale, per tutti, a solversi con la morte mentre il sottile” è tutto l'opposto, ragion per cui è ipotizzabile una sopravvivenza.
In ottica ermeticoalchimica, l'Io è un accento, passibile di una pluralità di livelli, di strati, di piani, di campi contigui, che dir si voglia, comunque come una cipolla, dal più esterno (spesso!) al più interno (sottile!) ed il livello, strato, piano, campo, per sé non inquinato di anagrafico, in una parola è – in Ermetica - il Nume, del quale il Sé psicologico dà in un certo senso l'idea.
E' dunque l'Alchimia una risposta comportamentale al problema dell'esistenza, certo in via d'ipotesi di lavoro, come in via d'ipotesi di lavoro è peraltro ogni risposta al problema.
Lo è quella del credente in un Dio, in un atto di fede, che è come firma di una cambiale in bianco; lo è quella dell'ateo, il cui ateismo è pur sempre una fede, così come quella dell'agnostico, mentre l'operatore alchimico non rimuove la “quaestio” per fuggirne la soluzione – come fa il protagonista del Processo (di Kafka) che finisce col morire “come un cane” - ma dedica la propria vita alla possibile (?) risposta, preso spunto dalla considerazione della omnipervadenza del Principio: nell'inorganico allo stato inorganico, nel vegetale allo stato inorganico e vegetale, nell'animale allo stato inorganico, vegetale e animale, nell'umano allo stato omnicomprensivo, di ogni altro e per sé nell'ordine proprio della consapevolezza, quale capacità di assumere informazione...di “ciò stesso” e quindi della coscienza!

GIAMMARIA (da Alchimia Magna Ars- Saggi su l'Alchimia- Edizione Privata)