Centro Studi Ermetici Alchemici

LO SCIENZIATO DEL TEMPIO

Perché mi sono interessato di Isaac Newton?
Per dimostrare come la nascita della scienza sia debitrice, in massima parte, a un sapere che definire solo esoterico a questo punto è ridicolo .
E Newton rappresenta il caso più clamoroso in tal senso .
Lui è l’autore del primo libro di fisica classica (I Principi matematici di filosofia naturale o Principia) della storia umana e sempre lui ha rappresentato l’immagine immacolata dello scienziato ante-litteram, freddo, distaccato, serio, incapace di qualsiasi ipotesi che non fosse sorretta da uno sperimentalismo ripetibile, documentabile e condivisibile.
In pratica per la storia della scienza lui è la scienza.
Ma, e qui viene il bello, la sua immagine nel 1936 venne tristemente e definitivamente incrinata da una delle tante vendite della casa d’aste Sotheby, durante la quale i tormentati documenti personali (una piccola parte per la verità) vennero finalmente acquistati da Lord Keynes ( il famoso economista) e dall’arabista ebreo A.S. Yahuda .
Da quel momento l’ufficialità, e decine e decine di biografi in tutto il mondo, fecero di tutto per capire.
Che cosa? Semplicemente perché Isaac Newton avesse vergato cinque milioni e settecentomila parole, di cui un milione e settecentomila dedicandole alla scienza, un milione allo studio dell’Apocalisse, alle Profezie di Daniele, al Tempio di Re Salomone, alla Prisca Sapientia e alla storia dei Gentili, non trascurando quella ebraica, e tre milioni ...all’alchimia.
Ci si chiese insomma perché lo scienziato perfetto alla scienza avesse dedicato, non dico i ritagli di tempo...ma quasi.
Si passò poi, nel giro di pochi decenni, grazie ad alcune biografie illuminate, come quella dell’americana Betty Dobbs, a ragionare sul presunto ruolo avuto dalla stessa alchimia nelle conclusioni matematiche del nostro autore. Infine la domanda che l’ufficialità si pose, attraverso un progetto telematico noto come “ The Newton Project “, nato nel 1998 e tutt’ora operante, fu ed è:
“Ipotizzando che Newton abbia usato i suoi interessi esoterici per fare scienza, come tutti questi ambiti conoscitivi si sarebbero potuti fondere, fino ad ottenere un opera scientifica come i Principia? “
Il sottoscritto ha fatto sua questa domanda e ha dato la sua risposta.
Quale? Voi leggete, tenendo presente che ciò che segue è e sarà solo una piccolissima anteprima, e poi ...ne riparleremo.
Per rispondere in modo esaustivo al “come”, gridato non solo dall’ufficialità, c’è bisogno di sapere “chi” fosse Newton, soprattutto “quali “ fossero i suoi fondamentali conoscitivi, addivenuti sempre più chiari attraverso lo studio delle sue carte personali.
Iniziamo quindi dal suo rapporto con il Divino.
Isaac era un puritano convintissimo, che ad un certo punto della sua vita scelse segretamente l’Arianesimo, trasformandosi in una specie di integralista religioso.
Odiava la Sacra Romana Chiesa, contestava la Trinità e l’Omousia, tollerava la Chiesa Anglicana e considerava la Bibbia come l’unico testo in cui era possibile leggere la parola divina.
Riteneva inoltre la stessa sacra, nel vero senso della parola.
Era poi la Provvidenza Divina la modalità con cui Dio guidava le sue greggi.
In questo contesto, era l’Apocalisse un evento divino, che avrebbe travolto sia la storia terrestre che quella umana, al fine di redimerle entrambe.
Evento, secondo lui, decifrabile attraverso le Profezie di Daniele ed Ezechiele.
Credeva l’esegesi legge, che nonostante le ultime e acclamate scoperte della filosofia, così a suoi tempi si chiamava la nascente fisica, andava rispettata, essendo la modalità attraverso la quale il Libro Divino si trasmutava in creato.
Creato che andava inteso, a sua volta, come un libro da leggere attraverso le leggi della natura.
Erano tutte le religioni dei suoi tempi, ormai, state corrotte dall’uomo.
Secondo lui, inoltre, solo il mondo religioso ebraico poteva vantare ancora un minimo di sacralità.
Sacralità connessa con la religione degli antichi (la Prisca Religione), la quale identificava i cieli e le sue leggi con Dio.
Antichi che vedevano il cielo come un tempio, sede del Signore, chiamato Pritaneo (edificio dell'antica Atene, dove era custodito il focolare sacro della città e dove si svolgevano sacrifici solenni agli Dei).
Pritaneo evolutosi, nella storia ebraica, in Tempio di Re Salomone.
Tempio a cui Isaac dedicò decenni di studi per poter giungere ad una sua ricostruzione grafica, oggi ospitata dal T.N.P (The Newton Partnership).
In conclusione, visti tali fondamentali, Newton mai avrebbe posto DIO fuori dalla sua sfera di azione personale, conoscitiva e soprattutto.. scientifica
Il Nostro era convintissimo e lo fu fino alla fine dei suoi giorni, che ci fosse stata per l’umanità un età dell’oro, non solo a livello spirituale, come sopra, ma soprattutto a livello conoscitivo.
Ricercò, lesse e studiò, durante la sua vita, ogni di tipo di scritto in grado di descrivere la Prisca Sapientia ( il Primo Sapere), la quale doveva possedere la formula di tutte le leggi divine.
Era talmente convinto di ciò da affermare, e lo fece per tutta la vita, che gli antichi conoscessero la legge di gravità.
Alla sua morte Isaac possedeva la collezione di testi alchemici più ampia, esaustiva e rara, mai messa insieme. Al suo interno spiccavano inoltre numerosi testi riguardanti i Rosa + Croce e il mondo pitagorico. Si narra come spesso prendesse il postale a Cambridge, presso la taverna della Rosa, per poi scendere in un quartiere di Londra, famoso per le sue ricercate librerie.
Cliente affezionatissimo di un certo William Cooper, proprietario della rivendita di libri rari più famosa di Londra, dove campeggiava, guarda caso, l’insegna di un pellicano, ebbe modo di essere introdotto negli ambienti alchemici londinesi . Com’era sua abitudine, condusse un lungo apprendistato teorico, prima di avvicinarsi all’Arte Sacra, e solo dopo aver letto, trascritto e appreso tutto ciò che bibliograficamente era riuscito a raggiungere, intraprese materialmente il suo viaggio iniziatico.
Per lui l’alchimia era un mezzo attraverso il quale simulare l’atto creativo, atto direttamente collegato al livello spirituale raggiunto dallo sperimentatore.
Inoltre era convinto di come ogni elemento alchemico fosse riconducibile all’unico elemento base iniziale, da cui tutto era nato.
Elemento riconducibile alla Pietra Filosofale, intesa come unica materia primigenia, mondata da qualsiasi impurità.
Condivideva inoltre la convinzione per cui tutti i processi alchemici fossero indirizzati dall’intervento diretto di un Principio Divino o Vegetale, in grado di attrarre o respingere, a secondo dei casi, gli elementi destinati, attraverso la Putrefazione, a coagularsi in nuove forme decontaminate da ogni difetto materiale.
Era inoltre convinto che la luce fosse l’attivatore di ogni evento alchemico e che la stessa conservasse al suo interno il principio attivante divino.
In campo scientifico l’Eremita di Cambridge aveva posto, fin dai suoi primi anni universitari, al centro dei suoi interessi due domande principali.
La prima: di che cosa è fatta la materia.
La seconda: cos’è il moto.
Domande a cui la filosofia allora faceva molta fatica a dare una risposta. Domande che motivarono la sua segreta applicazione alchemica.
In un biennio ormai famoso per la sua creatività (1665\6), raggiunse risultati incredibili, ma non definitivi, in campo scientifico, occupandosi di luce, calcolo infinitesimale e gravità.
Questi erano i suoi fondamentali pregi, mentre ciò che segue fu parte dei suoi difetti.
Era: scontroso, invidioso, misogino, scorbutico, irritabile, quando riteneva giusto esserlo, e spesso per la verità.
Ma soprattutto la fusione dei suoi pregi e difetti lo rese un…uomo.
Un uomo così geniale da riuscire ad elaborare una specie di Teoria del Tutto, alchemico- celeste, in cui dalla storia umana a quella terrestre, a quella celeste, tutto condivideva l’operatività divina, che volta per volta era definita Provvidenza Divina, Spirito Divino o...Gravità.
Nel 1685, informato da Edmund Halley della volontà condivisa da un suo grande amico, l’architetto Christofer Wren, e da un suo grande nemico, Robert Hook , di affrontare e risolvere la questione gravitazionale, applicata ai corpi celesti, per la quale già da tempo si ipotizzava una forza inversamente proporzionale al quadrato della distanza dei corpi in oggetto, uscendo da un isolamento autoimposto, esordiva consegnando nella mani dello stesso Halley un trattato, che da li a breve sarebbe stato letto presso la Royal Society.
Il “De Motu Corporum in Girum “ era fondamentalmente l’antefatto di ciò che il Nostro avrebbe raccolto nei Principia.
In esso la grandezza del pensiero Newtoniano appariva già in tutte le sue sfaccettature, sopratutto la sfida alla codifica della forza gravitazionale appariva non solo colta, ma già vinta. Dopo decenni di sostanziale isolamento, Newton, prendendo spunto dall’ennesima “discussione “ avuta con Hook sulla modalità di caduta di un “gravio” (peso) da una torre, in assenza di aria, esprimendo una valutazione errata sulla direzione dallo stesso seguita, coglieva comunque un fattore essenziale.
Fattore che poneva nella forma ellittica la traiettoria seguita da un peso in caduta, sottoposto alla gravità terrestre. Forma rispettata dalle orbite celesti.
La sua mente e le sue convinzioni alchemiche, fino a quel momento tenute a freno dalla legge dei vortici cartesiani, che vedeva nell’etere lo strumento attraverso il quale ogni corpo celeste veniva trasportato e tenuto a debita distanza dal Sole, ebbero un sussulto. Un sussulto seguito da tutta una serie di esperimenti, molto precisi e pignoli, com’ era suo solito, i quali attraverso l’attenta valutazione del movimento dei pendoli, in assenza di aria e in presunta presenza di etere, stabilirono come effettivamente lo spazio non fosse un luogo dove l’etere fosse presente, bensì un posto assolutamente vuoto e privo di qualsiasi resistente.
Ergo, Newton capì che:
I CORPI CELESTI VENIVANO ATTRATTI DA UNA FORZA INVISIBILE, MA PRESENTE NEL VUOTO.
Cogliendo il varco aperto dallo sperimentalismo stesso, immediatamente fu in grado di ipotizzare un forza centripeta celeste, che fosse coincidente con la forza di gravità terrestre e, a quel punto, di paragonare la forza in questione con una vera e propria Volontà Divina, simile a quel Principio Vegetale alla base dei fenomeni alchemici.
Per ricaduta i sette corpi celesti principali facevano il paio con i sette elementi alchemici, e mentre il Sole poteva essere identificato con l’ottavo elemento celeste, la stessa cosa succedeva per la Magnesia, ottavo elemento alchemico (famoso per la sua capacità attrattiva).
La luce, invece, andava a rappresentare per ambo i mondi, ormai uno nella mente del genio inglese, l’attivatore di entrambi.
Luce che ben sapeva, grazie ai suoi studi, essere suddivisa in 7 colori dalle caratteristiche ben precise, capaci di fondersi nella luce bianca, l’ ottavo colore, così come appariva a noi.
Concettualmente tutto ciò succedeva due anni prima, almeno, la pubblicazione dei Principia.
A quel punto i due mondi ( scientifico e alchemico) erano pronti per essere fusi con l’essenza religiosa del Pritaneo, la quale vedeva ogni tempio come un luogo costruito intorno ad un centro costituito da una fiamma sacra. Fiamma che attraeva in circolo intorno a sé i suoi fedeli, come un mini sistema solare. E siccome esisteva, come sopra, un solo tempio degno di tale sacralità per Newton, quello di Salomone, vista la sua assoluta convinzione in merito al sapere degli antichi, nulla lasciò di intentato, imparando persino l’ebraico, per giungere, come accennato, ad una planimetria dello stesso il più possibile congrua alle informazioni bibliche.
Informazioni utili, secondo il suo convincimento, a trovare conferme …scientifiche.
I mondi uniti da Newton, grazie al Tempio, diventavano quindi tre.
Questo è uno dei passaggi che più di altri interessa tutti coloro che vogliono capire il “Come “ di Newton.
Ebbene è giusto dire che nei Principia il Maestro fuse in un unicum le scoperte galileiane e cartesiane, arrivando a postulare come le leggi orbitali kepleriane, la terza per l’esattezza, fossero possibili in quanto motivate da una forza, come accennato, centripeta o gravitazionale, condivisibile da tutti i sistemi celesti.
Non solo, sempre tale forza, Newton stabiliva, attraverso una lunghissima serie di dimostrazioni matematico-geometriche, poste nel primo libro dei Principia, era, come ipotizzato: inversamente proporzionale al QUADRATO ( 2 ) delle distanze.
Tutto ciò utilizzando minimamente il calcolo infinitesimale, arma terribile se da lui usata, nel caso in cui era necessario computare aree ellittiche, come sono quelle coperte dai pianeti.
Volendo quindi riassumere la sua opera, essa fondamentalmente poggiava su due tipi di informazioni numeriche.
La prima, kepleriana, estrapolabile dalla dicitura che segue:
IL QUADRATO ( 2 ) DEL PERIODO DI RIVOLUZIONE DI UN PIANETA INTORNO AL SOLE E' PROPORZIONALE AL CUBO ( 3 ) DELLA SUA DISTANZA MEDIA DAL SOLE.
Per cui numericamente la legge, come avvenne per mano del Maestro, si poteva riassumere attraverso un intervallo numerico ben preciso, il seguente: 2\3.
La seconda, newtoniana, come sopra indicata, riassumibile attraverso il numero 2.
Ora siccome era, ed è, la legge gravitazionale a provocare la terza legge kepleriana, la sintesi numerica ottenibile, secondo me, è la seguente: 2 - 2\3.
Ora intervengo io, stante queste informazioni.
E vorrei che da questo momento cominciaste anche voi ad intervenire.
Utile sarebbe osservare la planimetria del Tempio di Salomone da Lui elaborata.
Credo non vi sfugga come la forma predominante sia il QUADRATO.
Se quel luogo è un compendio delle forze divine, penso sarebbe “normale” immaginare le stesse identificarsi con il QUADRATO o no?
Soprattutto con quel quadratino centrale, dove ardeva la fiamma sacra e dove si consumava liturgicamente ogni evento religioso ebraico.
E’ perciò quello spazio piccolissimo in grado di attrarre tutti i fedeli intorno a sé.
Mi verrebbe da dire che: la sua “FORZA” è inversamente proporzionale alla sua dimensione che, come sopra, è QUADRATA.
E questo non è forse il fondamento concettuale della legge gravitazionale?
Ora vorrei occuparmi, che so, delle “porte “ di entrata del Tempio, indicate con lettere da Newton (S; H; H-M; L; N). Non sono forse 3? E non vengono ripetute 2 volte?
E con questi due soli passaggi, non avremmo forse a disposizione già i numeri base dei Principia e le relative conferme scientifiche?
E volete che un numerologo come Newton, convinto com’era che ciò che stava esaminando era il libro delle leggi della natura, dopo aver dedicato allo stesso decenni di studio, non avesse colto una simile analogia?
Quindi secondo voi che tipo di decisione avrebbe potuto e dovuto prendere, prima di scrivere il “ LIBRO DELLA SUA VITA?”
Quella per cui, visti i suoi fondamentali religiosi e i suoi studi non “formali”, la sua opera magna, segretamente, fosse il luogo più adatto per ospitare, identificandosi, ... il Tempio.
Così tutti i suoi mondi conoscitivi, ufficiali e non, si sarebbero uniti e fusi in nome di Dio. E questo fece.
Di nuovo vorrei che, ora, vi metteste comodi, seduti nella vostra poltrona preferita, in compagnia di una matita ben temperata.
Pronti a sottolineare numeri e parole numeriche, con un unico fine: quello di capire che cosa permise a Lui di fondere tutto il suo sapere.
Partirei quindi da alcuni suoi estratti alchemici:
"O ANCHE DOPO CHE I 2 PRECEDENTI PRECIPITATI SONO FERMENTATI NEL CAOS... E NOTA CHE QUESTO CAOS FORSE VA FATTO CON I 2 REGOLI DI MARTE .. E IL FUOCO FREDDO FERMENTATO CON 2 DRAGHI PER 10, 20 GIORNI SINO A CHE APPAIA IL VERDE PER DISTILLAZIONE ….IL TERZO FUOCO DI ….(parola cancellata da newton) ...IL TERZO FUOCO DI … (parola cancellata)... IL TERZO FUOCO DI ARTEFIO, IN CUI C’E’ UNA DOPPIA SOSTANZA DI ARGENTO VIVO..."
"IL LIEVITO OPERA NEL MODO MIGLIORE QUANDO E’ NUOVO E PERDE LA SUA VIRTU’ IN 2 O 3 GIORNI."
"IL MERCURIO VIVENTE FERMENTALO E DIGERISCILO PER 20 o 30 GIORNI..."
"...SALE DEI METALLI DIGERITO PER 2 GIORNI..."
A questi aggiungerei pochi passi del Libro dei Re:
2 Il tempio costruito dal re Salomone per il Signore aveva sessanta (20 x 30) cubiti di lunghezza, venti di larghezza, trenta cubiti di altezza....
20 Il sacrario era lungo venti cubiti, largo venti cubiti e alto venti cubiti ... Lo rivestì d'oro purissimo e vi eresse un altare di cedro …
41 Le due colonne, i globi dei capitelli che erano sopra le colonne, i due reticoli per coprire i due globi dei capitelli che erano sopra le colonne…
20 Poi misurò la lunghezza e la larghezza della porta che guarda a settentrione e conduce al cortile esterno. 21 Le sue stanze, tre da una parte e tre dall'altra (Ezechiele)…
Poi giungerei alla modalità con cui descrisse la “Quantità di Materia “ nelle 8 definizioni iniziali dei Principia: " aria di densità doppia, in uno spazio doppio, diventa quadrupla; in uno triplice, sestupla ( 2 x 2\3 )",
sostanzialmente la stessa usata per descrivere la Quantità di Moto: "Il movimento totale è la somma dei movimenti delle singole parti; perciò in un corpo doppio (2) , con velocità uguale, la quantità di moto è doppia (2); con velocità doppia è quadrupla (4)".
Da ciò si deduceva che in presenza di quantità di moto tripla la velocità doveva essere sestupla, per cui 2 x 2\3, presente nella seconda legge del moto: "Posto che una qualche forza generi un movimento qualsiasi, una forza doppia (2) ne produrrà uno doppio (2), e una tripla (3) uno triplo (3), sia che sia impressa di colpo e in una sola volta, sia gradatamente ed in tempi successivi".
A ciò è possibile associare: "Si trasporti il corpo A fino a un punto qualsiasi di R dell’arco EAF , indi (tolto via il corpo B) lo si lasci andare; dopo un’oscillazione ritornerà fino al punto V. RV è il ritardo dovuto alla resistenza dell’aria. ST sia la quarta parte, sita nel mezzo di RV, in modo tale che RS e TV si eguaglino e che RS stia a ST come 3 sta a 2".
Per cui andrebbe aggiunta una miniera di estratti simili, che qui per dovere di sintesi non possono trovare spazio.
E quando avrete finito di sottolineare i miei pochi passaggi, spero vogliate proseguire andando direttamente alla fonte di tutto ciò, rintracciabile sia attraverso il T.N.P, che il Libro dei Re o I Principi matematici di filosofia naturale, tutti scaricabili da internet.
Quindi ciò che da tempo fior di biografi e studiosi non vedono, è sostanzialmente un piccolo gruppo di numeri che, indipendentemente dal campo conoscitivo della loro applicazione, da millenni rappresentano DIO ...per un sapere millenario.
Un Dio identificabile con un leggendario intervallo (2\3) da cui tutto era, ed è ricavabile, anche un Tempio.
Ora, come ultima suggestione, vorrei farvi notare come l’opera in questione fosse suddivisa.
Essa comprendeva come sopra:
8 Definizioni
3 Leggi del moto
A cui si dovevano aggiungere i 3 libri, che andavano a certificare i postulati iniziali .
Ebbene Isaac sapeva benissimo, essendo tra l’altro professore lucasiano, che l’8 algebricamente è rappresentabile come due alla terza (2\3).
Per cui la suddivisione della sua opera poteva essere intesa come segue:
2\3 Definizioni; 3 Leggi; 3 Libri.
E a questo punto, per capire veramente chi fosse veramente Isaac Newton, credo che uno sguardo alle foglie del simbolo dei Rosa + Croce andrebbe dato.
Dopo forse, se continuerete a contare, potreste ritrovare, in quel simbolo, tutti gli elementi posti alla base della costruzione del Tempio, gli stessi con cui, millenni fa qualcuno incise una Lista, famosa per i suoi …8 Re .
Lista che, guarda caso, oggi è custodita in un famosissimo museo londinese, frutto della lungimirante donazione di un certo Elias Ashmole, che molto, moltissimo ebbe in comune con il Nostro.
Ma questa è un’altra storia. O no.

Michele Proclamato