L'alchimia utilizza la magia e il rito per focalizzare o canalizzare l'immaginazione e la volontà, la sperimentazione artistica, come la pittura, la musica, il canto, la poesia, il teatro e la danza, per affinare l'anima sensibile e percettiva, e infine la conoscenza della natura per agire in sinergia con i suoi processi e i suoi tempi. Tutto ciò può avvenire in un laboratorio per la distillazione delle virtù terapeutiche dalle piante, ma anche in un orto o giardino per coltivare queste stesse piante, nel laboratorio di un pittore o di uno scultore per armonizzare energie sonore o cromatiche, in una cucina per cuocere alimenti o in una fucina per cuocere metalli, in una palestra per raffinare le potenzialità del corpo o nel campo della cultura per raffinare le potenzialità della mente. Tale lavoro va accompagnato dal proprio ingegno, dalla costanza e dall’umiltà, da un amore disinteressato per la sapienza senza tempo della Tradizione.
L'operatività alchemica in pratica consiste nel raggiungere con la percezione una dimensione intermedia tra il visibile e l'invisibile, l’udibile e l’inudibile coi sensi comuni, nello spostare l'attenzione nella zona di confine tra il conscio e l'inconscio. Lo scopo è anche quello di creare sempre più spesso il silenzio interiore, cui non siamo affatto abituati e dove è possibile ascoltare la voce del Divino presente nell’uomo, oppure di raggiungere ogni tanto un vuoto, che spesso ci spaventa e che possa essere riempito dalle manifestazioni dello Spirito eterno. La presenza dello Spirito e lo stato ispirato che determina sostituiscono gradualmente i piccoli IO ombra, del tutto accidentali e prodotti dai condizionamenti e dalle vicende traumatiche dell’esistenza, che inconsapevolmente ci spingono in tutt’altre direzioni e consumano gran parte della nostra energia.
Alle persone che intendono conoscere meglio l’alchimia a livello pratico, si consiglia di preparare il terreno dove si dovranno piantare i semi della conoscenza ermetica, per dissodarlo, per renderlo meno duro e impermeabile, per strappare il grosso delle erbe infestanti, perché altrimenti non vi potrà germogliare e fruttificare alcunché. Si tratta di destrutturare e ristrutturare più volte il composto umano grezzo, eterogeneo, appesantito da diverse scorie, guastato da diversi veleni. Si tratta di entrare in profondità entro sé stessi, con svariate tecniche di riduzione o alterazione dell’ordinaria attività sensoriale e mentale. Contemporaneamente si tratta di uscire fuori di sé, dai limiti dei propri schemi mentali, espandendo sensazioni e sentimenti positivi, instaurando un rapporto reale con la natura e col proprio corpo.
Tra le sperimentazioni consigliate per approfondire la conoscenza di sé, per attivare una maggiore consapevolezza nel proprio comportamento e dei propri gesti, vi sono alcuni movimenti corporei particolari, accompagnati da musiche altrettanto particolari, che possono potenziare la vitalità di base, spesso compressa o deviata. Questi movimenti, se ripetuti nel tempo, abituano a controllare i pensieri fuori luogo, inconcludenti, a selezionare le emozioni positive da quelle negative, che spesso squilibrano e svuotano di energia potenzialmente creativa chi le subisce.
Si tratta di ciò che la più antica tradizione filosofica e religiosa definiva danze sacre, di esercizi complessi, dove vengono coinvolti contemporaneamente corpo e mente. Esse venivano eseguite nei templi egizi, greci e dell’oriente, presso determinati ordini sacerdotali, oppure al di fuori della religione ufficiale nelle scuole cosiddette misteriche, per la trasmissione di insegnamenti e pratiche iniziatiche. In tali scuole erano eseguite anche musiche e canti particolari, con armonici superiori o ipertoni, che sono un ponte di collegamento tra le note udibili dall'uomo e sonorità più sottili, metafisiche.
Queste danze, del tutto sconosciute oggigiorno, non hanno un fine di divertimento come i balli eseguiti nelle discoteche, oppure un fine esclusivamente artistico come la danza classica esibita nei teatri, ma sono uno strumento molto sofisticato per facilitare nei praticanti una graduale trasformazione psicofisica e una trascendenza spirituale. Esse fanno giungere l’uomo ad uno stato di percezione e attenzione non ordinaria e alla fine lo portano ad uno stato di coscienza permanente e unitario.
Il lavoro alchemico è individuale, ma è opportuno che sia incoraggiato e condiviso in gruppi di persone, impegnate nello stesso percorso. Questi gruppi devono porre ai suoi partecipanti obiettivi chiari e realizzabili in tempi determinati, senza tante fantasie o teorie non dimostrabili, con una effettiva possibilità di confronto e riscontro tra chi esegue le operazioni alchemiche. Nello stesso tempo si evita di promettere risultati fuori portata, irrealizzabili, con perdita di tempo ed energie preziose.
La esecuzione dei movimenti danzati insieme ad altre persone, impegnate ad eseguire coreografie perfette e sincronizzate, aiuta a cementare un gruppo costituito per finalità iniziatiche e facilita una serie di sperimentazioni corali, cioè fatte col cuore, e non soltanto con la mente. E difatti la parola coreografia, come d’altra parte la parola coro, ha la stessa origine etimologica di cuore, da cui deriva anche l’aggettivo corale. Pertanto è estremamente utile, per un gruppo alchemico operativo, ancora in formazione, la contemporanea sperimentazione della danza e del canto.
Nei Misteri Dionisiaci la danza sfrenata era un mezzo per fare giungere l’uomo ad uno stato d’esaltazione religiosa, di percezione non ordinaria del metafisico. Tuttavia l’alchimia utilizza tale forma espressiva non per giungere a stati d’invasamento religioso o di trance incontrollata, ma per stimolare una trasformazione di una parte dell’energia dedicata alle funzioni vitali automatiche in energia più sensibile e consapevole, per un’espansione dello stato di coscienza.
Per molti secoli l’Occidente ha scordato la funzione spirituale della danza. Difatti la chiesa cattolica medievale, a differenza del canto gregoriano e cistercense prima, della musica polifonica poi, l’aveva esclusa dalle funzioni religiose, considerandola un’espressione tipica del corpo, soggetto facilmente al peccato. Invece nel Medio Oriente islamico si è sempre mantenuta questa tradizione, ad esempio con la danza dei sette veli o la danza dei Dervisci rotanti, ancora oggi praticata in alcune comunità Sufi.
Una riscoperta della danza sacra è avvenuta in Europa nella prima metà del Novecento, grazie all’opera di Georgei Gurdjieff. Egli ha riproposto danze attuate con movimenti corporei incisivi e precise geometrie, che ricalcano i simboli dei principi fondamentali dell’esistenza, ad esempio la croce con i quattro elementi e l’enneagramma. Quest'ultimo è una geometria che esprime, attraverso la successione dei nove numeri primi, i processi generativi o rigenerativi della natura con le sue tipologie principali. Inoltre tali danze hanno ritmi che rispettano le leggi matematiche dell’universo, soprattutto quella dell’ottava.
Con i movimenti danzati si intende rettificare i centri sottili dell’uomo, nell’alchimia legati ai quattro elementi. Questi esercizi nel contempo integrano le tradizioni ascetiche miranti a lavorare sulla purificazione del corpo, le tradizioni mistiche e religiose basate sul trascinamento del sentimento, le tradizioni filosofiche e vie di conoscenza iniziatica, miranti a lavorare sulla mente.
Ogni singolo movimento danzato è un mezzo per svolgere un lavoro di trasformazione di specifiche energie vitali o psichiche, non è invece finalizzato ad eseguire alla perfezione uno spettacolo rivolto ad un pubblico di curiosi. Attraverso precisi movimenti nelle articolazioni del collo, delle spalle, delle braccia, delle mani, delle anche, delle gambe, il movimento blocca eccessi oppure sblocca ristagni nei flussi della energia vitale cosmica, che i diversi vortici all’interno del campo energetico condensano e smistano attraverso canali sottili negli organi o apparati psicofisici.
La precisione e l'esecuzione a tempo con la musica dei movimenti può trasformare il centro psichico inferiore, che si esprime attraverso il corpo prevalentemente con i movimenti della testa, bloccando i pensieri incontrollati e divaganti, fuori luogo. Si può poi lavorare il centro motorio, che si esprime attraverso il corpo prevalentemente con i movimenti delle gambe e dei piedi, potenziando l’istinto e la sensazione. Infine si può coinvolgere il centro emozionale inferiore, che si esprime attraverso il corpo prevalentemente con i movimenti delle braccia e delle mani, producendo una percezione più attenta a quanto accade dentro e fuori di sé.
A volte, muovendo alternativamente testa e braccia verso destra e sinistra, si stimolano separatamente e con brevi impulsi l’emisfero sinistro e destro del cervello. Altre volte il braccio sinistro e il braccio destro si muovono in cerchio, il primo in senso antiorario e ad un ritmo più veloce del doppio rispetto al secondo, che invece si muove in senso orario. Ciò determina una specie di separazione tra l'emisfero destro e l'emisfero sinistro, per determinare un allentamento della invadenza oppressiva del sinistro sul destro.
I movimenti s'ispirano alle tradizioni di diverse aree geografiche, dal Caucaso al Tibet, dall’India, al Medio Oriente, dall’antica Grecia e all'antico Egitto, ma con adattamenti che rispondono alle esigenze alchemiche della destrutturazione e ristrutturazione del composto umano: una gestualità energica, movimenti spesso geometrici ed insoliti, che sacrificano la grazia e la morbidezza tipiche della danza classica, per disarticolare nel corpo meccanismi e schemi inconsapevoli. A differenza della Euritmia, dove vi è una prevalenza di movimenti arrotondati e fluttuanti, dove spicca il principio femminile e l'elemento aria, nei movimenti alchemici è ben presente anche il principio maschile. Nei movimenti alchemici si attua un equilibrio dei quattro elementi, anche se l'elemento fuoco, purificatore e trasformatore, è sempre di supporto.
Si lavora sugli atti automatici, i gesti stereotipati ed il comportamento imitato o appreso dagli altri, che limitano le capacità espressive del corpo, liberandolo da varie forme di condizionamento. Tale lavoro è fondamentale per lo sviluppo di un campo energetico in sintonia con la realtà circostante, mobile e sensibile, che sia di supporto per uno reale stato d’essere spirituale.
Nel corso degli anni ognuno ha inconsciamente selezionato un repertorio formato da un numero relativamente esiguo di gesti e posizioni corporee. Per scegliere questi gesti, ognuno ne ha scartati moltissimi altri, che rappresentano un segmento di vita e di esperienza che viene tenuto chiuso, inesplorato, e restringe la creatività. I gesti selezionati pongono dei limiti alla nostra percezione, ad un livello più consistente di quanto abitualmente ci rendiamo conto, e ciò accade perché esiste un certo grado di associazione tra i gesti, i pensieri e i sentimenti.
I condizionamenti della vita di tutti i giorni rinchiudono l'individuo nel suo limitato repertorio di pensieri, emozioni e azioni. Nello stato di veglia essi sono collegati meccanicamente tra loro, per cui un determinato pensiero è accompagnato sempre dallo stesso sentimento e dallo stesso atteggiamento fisico. Appare evidente dunque la necessità, per chi voglia spezzare questo circolo vizioso e sperimentare stati superiori di coscienza e un tipo diverso di emozioni, di ampliare il proprio repertorio di gesti e posizioni del corpo.
I movimenti alchemici hanno la finalità di sbloccare l’intelligenza e la memoria innate del corpo, di potenziare i riflessi e i metabolismi regolati dal centro istintivo, oltre a far circolare meglio gli umori e l’energia di base regolata dal centro libidico sessuale. I contemporanei movimenti della testa, delle braccia e delle gambe sono spesso scollegati fra loro e ciò fa funzionare, forse per la prima volta, in maniera indipendente il centro motorio, il centro emozionale ed il centro psichico, al di fuori delle abituali interferenze reciproche. Poi, attraverso la loro successiva integrazione, si attivano i centri superiori della testa e del cuore.
La pratica può liberare da complessi e inibizioni, da fantasie e preconcetti, da paure e desideri, estranei all'essenza spirituale dell'uomo. Per entrare in contatto con essa, il praticante come prima cosa non deve identificarci troppo con la realtà esteriore, che è il risultato di una costante e opprimente proiezione collettiva, né identificarsi con ciò che la società profana ha costruito per la propria identità biografica. L’errore è chiamare IO tutto quello che viene in mente, che si prova o in cui si è coinvolti, e i movimenti danzati possono servire ad eliminare questa alienazione.
Dopo un notevole sforzo e lo sblocco di radicate resistenze, ognuno potrà esperimentare come il corpo sia in grado di metabolizzare la tecnica e di eseguire i movimenti più complessi, ad un ritmo molto elevato, con una fluidità ed un’armonia superiori, senza i freni del ragionamento o il timore di sbagliare. Quando si è raggiunto questo risultato, il cuore e la mente sono in grado di sviluppare una forma di sentire e di pensare del tutto nuova.
Nell’esercizio ogni singolo movimento deve acquistare un significato nuovo e consapevole: l'espressione corporea di una determinata vibrazione e quindi di una determinata forza o energia zodiacale, planetaria o elementare, che può entrare in risonanza coi i relativi organi e i centri del campo energetico del singolo danzatore. Quando ciò si verifica all'unisono in tutto il gruppo dei danzatori, l'energia è automaticamente elevata ad una potenza superiore.
Anche i cambiamenti del ritmo assumono il significato di un cambiamento di ottava dell'energia che si vuole evocare. A tale scopo i movimentati danzati possono essere accompagnati da uno o più colori, dalla sonorità di una o più vocali, da una o più sillabe, corrispondenti al pianeta/metallo o all'elemento/umore espresso dal movimento stesso. In questo modo la funzione della danza non è soltanto quella di destrutturare il composto eterogeneo e dissonante del danzatore o del gruppo di danzatori, ma quella di ristrutturarlo in maniera armonica ed omogenea, in sintonia con la forza inesauribile e ascendente degli archetipi.
Lo sforzo prolungato del praticante è il segreto dell'operatività alchemica, dato che lo sforzo oltre ciò che ognuno ritiene essere i propri limiti di fatica o concentrazione è il mezzo per surriscaldare e successivamente raffreddare la materia umana da trasformare, in un processo continuo di fermentazione e distillazione del composto umano. Ciò può provocare, anche in questi movimenti, delle reazioni negative: una prima fase di contrazione muscolare, di tensione nervosa, di confusione, di angoscia, di frustrazione per le iniziali difficoltà. Queste fasi sono chiamate dagli alchimisti opera al nero o in latino nigredo.
Il lavoro sull’uomo che l'alchimia propone è un processo di trasmutazione, che porta a realizzare un patrimonio mentale permanente, capace di una certa sopravvivenza. L’essenza spirituale è ciò che lo forma e gli appartiene per tutta la vita, che si manifesta dall’inconscio anche come temperamento artistico. Essa però è offuscata dalla personalità abituale, che è stata modellata dalla famiglia, dalla scuola e dalla società. Tale essenza è un centro di gravità permanente, una volontà superiore, capace di controllare e neutralizzare decine di piccoli io prepotenti, contraddittori, che rendono le persone delle marionette manovrate da influenze esterne e impulsi del momento, incapaci di fare qualcosa in modo volontario e autonomo. L’uomo spesso si riduce ad una macchina, per giunta addormentata, che non si rende neppure conto della necessità di svegliarsi.
I movimenti danzati contribuiscono ad arrivare a questo risveglio, perché sviluppano la capacità di dirigere l’attenzione, di canalizzare l’emozioni, sperimentando la totalità del IO superiore. Essi non possono eseguirsi meccanicamente, ma solo mantenendo la più rigorosa consapevolezza delle proprie azioni. Quando il condizionamento del corpo spinge a girare la testa o le braccia in una direzione, spesso l’esercizio richiede che siano voltate nella direzione opposta. Per averne un’idea è sufficiente provare a battere ritmicamente con una mano la testa e nello stesso momento massaggiare con l’altra l’addome con un movimento circolare.
Tra un movimento e l'altro, occorre restare in silenzio e immobili il più possibile, perché lo sforzo per eseguire gesti fuori dagli schemi genera una quantità di energia più elevata, cui non siamo abituati, e quindi si tende a disperderla subito, muovendosi o parlando senza ragione. Invece questa energia di qualità superiore va impiegata per mantenere una maggiore concentrazione e presenza di sé.
Per rendere più completo il lavoro, ai movimenti del corpo si aggiungono particolari ritmi respiratori, conteggi mentali, la ripetizione di parole emotivamente trainanti, di aforismi iniziatici, abbinando ad ogni parola o frase significativa un preciso movimento. Per stimolare al meglio il senso dell'udito, la percezione del ritmo, della armonia e della melodia, del tempo e dello spazio entro il quali muovere il corpo, prima dell'esecuzione dei movimenti è opportuno che il gruppo dei danzatori chiuda gli occhi per alcuni minuti, disattivando il senso della vista.
Quando il gruppo dei danzatori è un unico campo energetico, tutti si muovono in coreografie che tracciano geometrie sacre sul suolo, ad esempio il quadrato iscritto nel cerchio, il pentacolo, l’enneagramma, il labirinto ed altre grafie rappresentanti il moto apparente degli astri, oppure la lenta rivoluzione dello Zodiaco. Il minimo vagare dell’attenzione manda tutto fuori binario e quindi la danza è un indicatore molto sensibile dello stato interiore di chi la esegue, oltre che una vera e propria iniziazione.
Dopo l’esecuzione di ogni movimento completo, è opportuno fermarsi immobili, ad occhi chiusi e in silenzio, concentrandosi sul respiro, che deve essere profondo e regolare, per un minuto circa, al fine di non disperdere il surplus di energia sviluppato dallo stesso movimento e convogliarlo invece verso i centri superiori della testa e del cuore, sviluppando così una maggiore presenza e lucidità per il movimento successivo.
Quasi tutti i movimenti sono accompagnati da musiche dove è accentuato il ritmo, per scandire in modo particolare la dimensione del tempo e accedere ad un tempo interiore concentrato, per dare energia e volontà al centro motorio del corpo, il che è estremamente necessario per iniziare l’operatività alchemica. In alcuni movimenti il ritmo si amalgama con una musica melodica, con una successione di note che si snoda nello spazio interiore secondo una precisa linea di pensiero, che calma il centro sottile della testa, lo ispira e lo sospinge verso dimensioni elevate. In altri movimenti il ritmo è potenziato da suoni armonici, cioè da una sequenza di vibrazioni contemporanee di almeno tre note, spesso intervalli armonici di quarta, di quinta e di ottava, che danno spessore e intensità positivi al suono, facendo vibrare il centro del cuore, per fare sperimentare uno stato di amore intenso e incondizionato.
E’ bene che la forte spinta marziale o solare dei movimenti danzati sia accompagnata da un lavoro col canto gregoriano, tramite un coro impegnato nella stessa operatività alchemica. Questa espressività artistica è caratterizzata da una forte fluidità venerea o lunare, che elimina eventuali fissità o schematicità, imposte dai movimenti al composto in lavorazione. In senso inverso è bene che la volatilità venerea o lunare del canto gregoriano, dove il tempo non è scandito dalle battute delle note e dal ritmo, sia compensata dal lavoro coi movimenti corporei. Ciò per eliminare una possibile tendenza del canto a cadere in atteggiamenti inconcludenti, passivi ed evanescenti, che non si concretizzano in risultati operativi.
La segnatura marziale della danza è confermata dalla mitologia classica. Infatti il giovane Marte è istruito da Priapo sull’arte della danza, e ciò prima ancora di essere istruito sull’arte della guerra. Ma Marte danzatore non deve stupire, perché i guerrieri nelle culture tribali sono anche dei danzatori e danzano prima di ogni battaglia, come nelle società legate strettamente ad ambienti naturali e agli animali selvatici, dove i cacciatori danzano prima di ogni battuta di caccia.
Occorre aggiungere che l’esistenza è vista dall’iniziato come un combattimento contro le forze ostili al proprio risveglio, in una serie di azioni condotte seguendo con precisione i ritmi e i tempi della natura, in una danza tutta particolare, che permetta di accedere al potere spirituale che concede la vita e la morte, che unisce e separa, che contrae ed espande. La danza è movimento, come la vita è movimento e trasformazione continua. La stessa opera alchemica è una vera e propria danza, che nella sua più profonda e sacra espressione è movimento orientato all’Uno, all’unione con l’Assoluto col corpo, col cuore e con la mente. La danza sacra, come la guerra è finalizzata alla morte del nemico, è finalizzata alla morte iniziatica, con l’acquisizione della forza e della volontà indispensabili a superare i propri limiti esistenziali, ad acquisire il coraggio di uccidere il proprio nemico o animale interiore, che si nasconde nella personalità profana.
A differenza di altre danze, moderne o etniche, magari con coreografie più avvincenti o con una maggiore cura dell’aspetto estetico, utilizzate da scuole o associazioni per liberare tensioni o blocchi energetici, per rompere schemi di comportamento in percorsi di crescita personale, i movimenti danzati alchemici hanno in sé un potere trasformativo straordinario, dato che sono l’evoluzione raffinata di danze rituali molto antiche. Tale potere è stato acquisito nel corso dei secoli grazie alla loro continua ripetizione, secondo modalità precise, in ambito iniziatico. Questi movimenti hanno lo stesso potere dei riti della più antica tradizione, in cui è concentrata l’energia trascendente delle sperimentazioni effettuate dagli iniziati del passato. Se eseguiti con lo stesso stato d’animo, i movimenti hanno un magnetismo pari al suono delle sillabe di formule magiche arcaiche, e quindi sono capaci di attivare nel gruppo dei danzatori un campo energetico e formativo di elevata intensità.
E’ da segnalare che l’origine più antica del labirinto, ricco di svolte, di trabocchetti e vicoli ciechi, è da ricercare proprio in una funzione coreografica trasmutativa. Prima di diventare una costruzione arborea o di pietra, il labirinto era un tracciato complesso, disegnato sul terreno, ove poter svolgere danze sacre con molte giravolte. Tale movimento rispecchiava un’attività labirintica interiore ed evolutiva: l’entrata nei meandri oscuri nella psiche, un cammino lungo e faticoso e l’uscita alla luce di una coscienza superiore.
CIRCOLO INTERNO DEL CONVIVIO