C'è una linea sottile dove il cielo tocca l'oceano. Così è Dio. Egli risiede sottilmente fra il bene e il male, fra la luce e l'oscurità, fra la malattia e la salute e fra tutte le altre dualità. Ecco perché io amo osservare il cielo che bacia l'acqua: mi ricorda la Sua presenza nascosta .
P.Yogananda
Lo spirito di Dio aleggiava sulla superficie delle acque .
Questa frase della Bibbia ricorda che il nostro mondo, ha origini divine.
In principio Dio creò il cielo e la terra. La terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l'abisso. Allora disse: “Sia la luce”. Poi creò l’uomo e la donna in un unico essere che racchiudeva in sè maschile e femminile, e soffiando nelle narici dell’uomo un alito di vita, lo fece essere vivente. Li creò a sua immagine e somiglianza e li sistemò nell’Eden dove vivevano in perfetta armonia con Dio, le sue leggi e con tutta la Natura.
Ma il serpente suggerì ad Eva di nutrirsi del frutto dell’albero della conoscenza che il Signore Dio aveva comandato di non mangiare, per cui con Adamo vennero scacciati dal giardino dell'Eden e allontanati dalla presenza e comunione con Dio.
La condanna comportò per loro e per tutta l’umanità, una vita greve di dolori e fatiche, che finisce con la morte: "Sei polvere e in polvere tornerai"! Una morte che, con la caduta, ha diviso l’uomo da Dio, Fonte della vita. La vita umana, separata da lui, è transito dalla vita alla morte e sottolinea la nostra incompletezza, la mancanza di unità e di perfezione, condizione verso la quale conserviamo una infinita aspirazione. Gli esseri umani, in quanto immagine riflessa di Dio, anelano a ritrovare l’unità, la sintonia tra spirito e materia, a ricucire i legami con l'infinito e le radici recise con le antiche civiltà e con i loro miti e simboli.
Simboli e miti dell’orizzonte
La simbologia dell’orizzonte, in tante culture, ha radici ancestrali. Nessun luogo del cosmo gioca sull'immaginazione come l'orizzonte. La parola akhet, in egiziano antico, vuol dire orizzonte o montagna di luce ovvero il luogo dove il sole emerge e scompare. Il simbolo incarna l’idea dello spazio simbolico dove sorge e tramonta il sole.
Harmakhet, l’ Horus dell'orizzonte, era il dio custode del sole che sorge e tramonta e venne raffigurato con la testa di falco o di sfinge e con il corpo a forma di leone; la Grande Sfinge di Giza che ne rappresenta l’immagine, si trova nel Papiro di Dama-Heroub, della XXI dinastia, nel quale è raffigurato Horus bambino, all'interno del Disco Solare, sostenuto da Akhet e circondato da un uroboros.
A questa cosmografia dell’orizzonte, è dunque attribuita una ricca simbologia che evoca immagini che ricordano la religione solare e la rinascita cosmica.
Secondo i sacerdoti-astronomi egizi, nelle ore notturne, il sole saliva sulla sacra barca solare per scendere nel regno degli inferi e ritornare nuovamente il mattino seguente all'alba del risveglio, in un'altra dimensione di luce sulla terra.
Nei Libri dei Morti degli antichi egizi , il tema del trapasso e della resurrezione era centrale; lo spirito del defunto, diventava divino come Osiride, ed era libero di volare come un ibis, mutare forma, librarsi nella luce. M.L. Von Franz, nel suo testo Alchimia, assimila lo spirito dei defunti al Lapis e afferma: “Gli alchimisti applicarono questa idea [di spirito] alla Pietra capace di penetrare qualsiasi oggetto materiale. Le qualità attribuite al lapis derivano dall’esperienza di qualcosa d’immortale, di qualcosa che permane oltre la morte fisica” .
L’idea di Pietra filosofale, quale completamento della Grande Opera, rappresenta il coronamento del processo alchemico, il raggiungimento della perfezione interiore e cosmica. Tale percorso immaginario, avviene nell’ Atopon, luogo di ciò che è senza luogo al di là del tempo e dello spazio. Atopon, dunque, come orizzonte, soglia, terra di mezzo che unisce il Pleroma al mondo fisico.
Orizzonte come linea immaginaria che separa il cielo dalla terra o dal mare. Infinito che appare finito, illimitato che appare limitato all’occhio umano; luogo fin dove possiamo spingere lo sguardo, e che ci risuona come l’aldilà, l’ignoto, la morte. Per elevarsi dall’ambito puramente ctonio, l’uomo, volge lo sguardo verso il cielo che, specie di notte quando è stellato, riflette scintille di luce divina che ci avvicinano ad un luogo ‘altro’ che appartiene al sacro, all’Aion, spazio senza tempo abitato dagli dei.
Orizzonti Alchemici
Se riportiamo il racconto biblico della creazione nel linguaggio alchemico, l’immagine che ci ritorna è quella dello Spirito universale, che in principio aleggiava sulle acque, principio creatore di tutte le cose visibili e materia prima degli alchimisti, che sale dalla terra al cielo e ridiscende in terra arricchito di energie cosmiche. Il compimento della Grande Opera, attraverso le varie tappe di un processo di purificazione e cambiamento interiore, consente all’uomo di sanare la scissione seguita alla caduta del peccato originale e di ritornare alla sua dignità originaria. Secondo l’orientamento junghiano, l’immagine del laboratorio alchemico, appare come metafora della personalità, attraverso cui ottenere la trasmutazione [principio d’individuazione]del metallo[Io] nell’oro[Sé]. Mentre trasmuta i metalli nel suo athanor, l’alchimista realizza la coniuctio oppositorum, la ricerca di una perfetta armonia tra materia e spirito, tra uomo e cosmo, secondo il principio ermetico della tavola di smeraldo di Ermete Trismegisto, per cui: “Ciò che è in basso è come ciò che è in alto… per fare il miracolo di una cosa sola”. Questa famosa citazione, rappresenta ancora oggi la chiave della filosofia ermetica in più campi del pensiero contemporaneo. Si tratta, in verità, della legge di analogia, che spiega a sua volta la teoria micro-macrocosmica, ovvero l’antica teoria che unifica le regole che governano il corpo umano e la sua psiche, con quelle che governano la Terra, insieme a quelle che governano l’intero universo, per fare il miracolo di una cosa sola. Fu questa legge che indusse il medico e alchimista svizzero Paracelso ad affermare che l’uomo è un microcosmo completo che contiene in sé tutto l’universo e che non vi è nulla in cielo né sulla Terra che non esista anche nell’uomo, e Dio, che è in cielo, esiste anche nell’uomo, e i due sono Uno . L’uomo era, dunque. considerato immagine del divino e custode del mondo; era un microcosmo costituito da spirito, anima e corpo. Lo studio della sintesi di questi tre elementi, era rivolto ad unire le energie del corpo, con quelle della terra e del cosmo per raggiungere un perfetto equilibrio. Nelle tradizioni orientali del buddismo e induismo, Brahman rappresenta l’energia creatrice dell’intero Universo presente come Atman in tutte le creature; nel Taoismo si parla di Cielo, Terra e Uomo che sta in mezzo, fra la Fonte creatrice, il Cielo e la Terra che è il ricettacolo delle energie. Nel cristianesimo la concezione teologica confermata dal Concilio di Nicea nel 325d.C., stabiliva che il Padre e il Figlio sono homooùsion, della stessa essenza, e sono co-eterni. Secondo M.L.Von Franz, nell’alchimia i tre principi prima descritti, lo Spirito, l’Anima e il Corpo, erano designati come Zolfo, Mercurio e Sale e dalla loro combinazione nasceva tutto il mondo fenomenico ; lo Zolfo è riferito allo spirito, il Sale al corpo, e il Mercurio all'anima : il sale è propriamente quel "mediatore" che mette d'accordo in se stesso le due nature opposte di Zolfo e Mercurio, che trovano l'unione perfetta e diventano una cosa sola. Il Sale era considerato la sostanza delle cose e corrispondeva al principio fìsso paragonabile all’elemento della terra e del corpo. Esso, alimentava lo Zolfo e il Mercurio che agivano su di lui fino a renderlo volatile, portandolo a perfezione. Il sale, che corrisponde al corpo li tratteneva e li coagulava, dando loro la natura fìssa. “Sul piano psichico il mercurio stava a indicare l’evoluzione della coscienza che passava dal piano materiale dell’Io a quello spirituale dell’intuizione e queste tre sostanze, sale, mercurio e zolfo corrispondevano nella filosofia greca al soma (corpo), alla psychéi (anima) e al nous (intelletto o principio divino), che nella concezione gnostica diventavano hyle (materia), psyché (anima) e pneuma (spirito o scintilla divina) “ . Il Sale dei Filosofi è un fuoco senza fiamme, un fuoco "salino" che attira, unisce e cuoce in se stesso le due nature contrarie di Zolfo e Mercurio; è quel Vaso segreto, quell'uovo filosofico, nel quale l'alchimista solve et coagula per condurre alla massima perfezione il suo Rebis, la sua Pietra.
Orizzonti psicologici e archetipici
Jung, attraverso l’interpretazione dell’immaginario alchemico, formula un nuovo modello di orientamento per la spiritualità occidentale Gli studi degli antichi testi ermetici lo convinsero che per l’evoluzione dell’individuo è necessaria, come per la Pietra, l’unità di anima, corpo e spirito. Spetta all’anima, data la sua origine divina, di fare da tramite tra i due mondi, di portare la materia nello spirito e cioè di riconoscere un elemento spirituale all’origine del mondo fisico, e di condurre lo spirito nella materia, cioè di concretizzare un’idea nella realtà, di metterla in pratica.
La concezione antica, dichiara Jung, era che l’anima fosse una sorta di energia vitale immessa nel mondo fisico, durante la gravidanza o all’atto della nascita o della concezione, e destinata ad abbandonare il corpo con l’ultimo respiro. L’anima è in se per se un essenza non spaziale; e poiché esiste prima e dopo l’essere corporeo è pure fuori dal tempo, cioè praticamente immortale . Nel suo lavoro Gli archetipi dell’inconscio collettivo, egli afferma che: “L’anima è l’elemento aprioristico di umori, reazioni, impulsi e di tutto quel che esiste di spontaneo nella psiche. E’ qualcosa che vive di per sé, che ci fa vivere; una vita dietro la coscienza, con la quale non può essere integrata e dalla quale, piuttosto, essa emerge” . L’anima è la Vita del corpo, per ritornare alle sue origini, deve attraversare l’umano, vivere la sua esperienza terrena e a tale proposito Jung sostiene che: Vita e spirito sono due potenze о due necessità, tra cui l’uomo è posto. Lo spirito dà alla vita umana un senso e la possibilità di esplicarsi. Ma la vita è indispensabile allo spirito, perché la sua verità è nulla, se essa non può vivere.
Traspare un superamento della concezione di psiche come realtà parziale, come organo fisico dell'uomo, che viene recepita piuttosto come la realtà stessa, di cui l'universo materiale è l'altra faccia: materia e psiche sono i due aspetti di un Deus absconditus, di una sola divinità sconosciuta. Tale ipotesi è alla base di tutte le ricerche di Jung sugli archetipi e sui fenomeni sincronistici e parapsicologici.
Nell’Ottobre del 1913, Jung, fu travolto da terribili visioni di ondate di sangue e detriti che si abbattevano sull’Europa. Tali visioni lo disorientarono profondamente sul piano personale. Un anno dopo, con l’effettivo scoppio della guerra ai primi di Agosto del 1914, si rese conto che si trattava di immagini cariche di riferimenti collettivi. Ai fatti reali che confermavano le sue premonizioni e al suo intenso ripiegamento interiore, fece seguito la formulazione della teoria dell’ inconscio collettivo e del concetto di archetipi. Le immagini archetipiche con la loro numinosità e fascinazione potente, si impongono alla parte razionale della psiche, suggestionandola e esercitando una spinta vitale che ne modifica gli assetti, favorendo lo sviluppo della personalità individuale. Tali immagini, contengono un simbolismo che svela i significati inconsci di ciò che accade, recupera il significato della nostra storia personale, dei bisogni rimossi, delle emozioni non riconosciute, delle regole limitanti e ci aiuta a comunicare con la nostra anima. La personalità dell'individuo, viene smontata pezzo per pezzo, per poi essere ricostruita, in tutta la sua autenticità e potenzialità, con la spinta di un'energia emozionale che si sprigiona dai nuovi significati riconosciuti. La capacità di saper decifrare ciò che accade, sia nell'esperienza quotidiana, sia nei messaggi inconsci, ci trasmette un’incredibile potere creativo, una profonda forza rigeneratrice, una nuova progettualità. Si avverte una forte risonanza, una sincronicità , tra ciò che si sente dentro di sè e ciò che accade fuori di sé, come se il mondo esterno rispondesse o anticipasse ciò che già nel Sé è maturo per realizzarsi. Nei sogni, nelle visioni, nelle fantasie, negli episodi sincronici della vita, si presentano, una serie di simboli, di circostanze, che tracciano una mappa che chiede di essere seguita. Meta di questo viaggio è individuarsi e rivolgersi verso il Sé, verso l’unità e la totalità della personalità nella sua parte conscia e in quella inconscia , come lo definisce Jung: l’armonia pacificata, la composizione di ogni conflitto, l’integrazione di tutti gli opposti, la realizzazione suprema, l’archetipo degli archetipi. Il Sé, tiene le redini in mano togliendole all’Io e all’inconscio, che devono entrambi sacrificare qualcosa in favore di un nuovo assetto psichico.
Conclusioni
Nell’universo, tutto è armonico, ogni elemento occupa un posto prescelto da Dio. L’orizzonte è come un regno di mezzo, una linea che appare lontana ed evanescente... Sotto quel limite immaginario, si scorge la realtà tangibile, la concretezza del mondo sensibile, il rigore della logica, la scienza, la razionalità dell’io, il confine. Al di sopra, in alto nei cieli, ci sono lo spirito, la realtà astratta, l’irreale, il simbolico, l’irrazionale, il mistero, l’infinito. È proprio nell’orizzonte, sospesa in quella dimensione di mezzo che risiede l’anima, orizzonte che fa da tramite tra Dio e l’uomo, tra spirito e materia.
È possibile avere esperienza dell’interazione tra l’anima e lo spirito, nei sogni, nelle visioni, nell’immaginazione, negli eventi della vita in cui l’anima ci invade con impulsi naturali, ricordi, fantasie e paure. Hillman, nella sua metafora di picchi e valli in Fuochi blu, afferma che l’anima risiede nelle valli dell’esperienza ed è incatenata alla vita del mondo e propone un’ incantevole narrazione della conflittualità tra i due poli: L'anima è immaginazione, è un cavernoso deposito di tesori, confusione ricchezza insieme, umorale, sensitiva, profonda, a tratti oscura; il suo regno è irrazionale, vicino all'abbandono totale e quindi alla follia; è però anche il regno della memoria ancestrale, dell'immaginazione, della fantasia creativa…Porta con sè attraverso le immagini e il ricordo, il sogno e la profezia, le emozioni incontrollabili, i sentimenti più profondi e immensi.
Lo spirito, è invece, la dimensione della razionalità sistematica, dell'elaborazione, del pensiero. Vive nella luce perché vuole sempre vederci chiaro; vuole mettere in ordine i pensieri, stabilire regole, dare soluzioni, costruire e risolvere teoremi complessi e mostrare la strada da compiere.
Entrambi sono nella dimensione verticale, ma l' anima tende a scendere verso il profondo, mentre lo spirito tende a salire verso l’ alto. Entrambi possono perdersi, una nell'oscurità, l'altro nell'eccesso di luce.
La psicologia di Hillman, apporta ricchezza di immaginazione alla religione, alla vita spirituale e intellettuale, all’amore, alla morte e al destino, in modo che tutti questi ambiti dello spirito diano nutrimento all’anima anziché affamarla. L’ideale sarebbe una integrazione felice tra anima e spirito.
Questa integrazione, richiede un processo lungo e impegnativo, che passa attraverso una sempre più ampia consapevolezza di sé e un lavoro di profonda trasformazione interiore e di orientamento della propria coscienza.
Nel trattato Spirito e Vita, Jung mette in risalto quanto l’esperienza dello spirito sia importante per l'equilibrio psichico; afferma che, per la pienezza della vita, di più che un semplice io, occorre uno spirito, cioè un complesso indipendente e superiore, che solo, evidentemente, è in grado di dare forma vitale a tutte quelle possibilità psichiche che la coscienza dell'Io non può raggiungere . Egli, negli studi degli ultimi venti anni, sempre con prudenza scientifica, individuò nell’immaginazione e nella vita simbolica che da essa emerge, una dimensione esistenziale e spirituale che divenne il fulcro di tutto il suo pensiero che si affidava all'intuizione e si apriva alla trascendenza. Jung comprese il valore dell’esperienza spirituale ai fini dell’armonia, della ricerca di equilibrio e della completezza della natura umana, avendo constatato quante nevrosi, conflitti interiori, sofferenza fossero da ricondurre alla rimozione della domanda religiosa, all’ esigenza di trovare il senso della vita, e di sapere che la vita non finisce con la morte; la visione della vecchiaia e della morte sarebbe insopportabile se non sapessimo che la nostra anima giunge in un luogo immune dall'alterazione del tempo e dalla limitazione dello spazio. Il suo pensiero, come una professione di fede, apre la vita dell’essere umano ad una dimensione spirituale, che riconosce l’appartenenza a qualcosa d’immenso, intimo e insieme numinoso, qualcosa di essenziale che ci collega a tutto il resto dell’universo. L’esistenza ha senso solo se interpretata alla luce di Dio e proiettata verso l’infinito.
Se alla fine l’anima si svincola dalle illusioni corporee, essa diviene tutt’uno con l’infinito, e senza perdere la sua individualità, si fonde con l’Eterno. Nei Ricordi, Jung dice: “Se… non riusciamo a capire e a sentire che già in questa vita abbiamo un legame con l’infinito, …allora la nostra vita è sprecata” .
MARIA GRAZIA MONACO
Yogananda,P., Il divino romanzo, Astrolabio, Roma, 1996.
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