Nei suoi trattati operativi l’alchimia ha utilizzato in passato un linguaggio criptico, mediato da simboli, allegorie, immagini e paradossi. In un trattato del XV sec, nel Rosarium Philosophorum, è scritto senza mezzi termini: “Laddove abbiamo parlato apertamente in realtà non abbiamo detto nulla. Laddove invece abbiamo scritto in modo cifrato o figurato abbiamo nascosto la verità.”
In effetti è parte del lavoro interiore di evoluzione dell’alchimista la tecnica ermeneutica, l’interpretazione non razionale ma intuitiva dei testi. L’ermeneutica è un processo mentale che continuamente passa dalla visione del tutto all’analisi delle sue parti e viceversa, che utilizza il nesso esistente tra la verità ricercata e le immagini della natura. Difatti ogni processo in natura è una metafora che indica una funzione precisa, al di sotto della quale esiste a sua volta un potere, una causa invisibile dell’esistenza che l’operatore alchimico deve scoprire e sperimentare a riprova della sua intuizione. Nella Turba Philosophorum, testo arabo tradotto in latino, Sirio ammonisce: “Quale sia il modo in cui i Filosofi hanno parlato, la Natura è una sola cosa ed essi sono tutti d’accordo e dicono tutti lo stesso. Ma i pazzi prendono le parole tali quali noi le diciamo…Essi invece…devono risalire all’intenzione nostra, e non tenersi alla lettera…Accordate dunque l’uno a mezzo dell’altro, e considerateci; poiché l’uno rischiara ciò che l’altro nasconde, e chi veramente cerchi può trovare tutto.”
Ma anche l’arte, imitazione della natura non ripetitiva ma creativa, svolge un ruolo importante per giungere a stati di comprensione non comuni e nel passato, prima della scoperta del torchio tipografico a caratteri mobili e la diffusione dei testi stampati, l’architettura, la scultura e la pittura nelle chiese sono state lo strumento privilegiato per la trasmissione ai posteri della conoscenza ermetica.
La levigazione della pietra grezza di cui parlano i testi è in realtà l’affinamento del complesso energetico e informativo che alimenta la consapevolezza dell’uomo ordinario e in questo lavoro il simbolo é fondamentale, perché attraverso la meditazione e l’intuizione porta il lettore da una singola immagine a più idee. La prima sarà scontata, la seconda meno superficiale, la terza con un ulteriore sforzo andrà in profondità e sarà maggiormente ricca di significato, e così via. In pratica il simbolo scava nell’inconscio, nella miniera oscura dove sono sedimentate le conoscenze, i valori, i significati della tradizione ermetica, estendendo con una spinta centrifuga i confini della mente individuale.
La metafora invece porta ad un concetto non subito evidente, attraverso una serie di immagini; mentre l’allegoria con un discorso retorico e articolato ha la stessa funzione della metafora. Sono allegorie le favole, le parabole, le mitologie del mondo egizio e greco romano, utilizzate spesso dagli alchimisti per descrivere le loro operazioni. Le metafore e le allegorie concentrano la visione mentale con una spinta centripeta, fino a giungere al significato sottointeso da chi ha elaborato in origine tali mezzi espressivi. Braccesco, un alchimista del XVI sec., scrive: “Gli antichi sotto le favole poetiche hanno occultato questa scientia, et hanno parlato per similitudine…Quello il quale non ha cognitione di questa scientia, non può sapere la intenzione degli Antichi, di quello che vogliono significare per gli nomi di tanti dei, et dee, et per la generazione, innamoramenti, et mutazioni loro.”
In genere i simboli sono reali, presi dal regno vegetale o animale, ma si usa anche un bestiario di fantasia come draghi, grifoni, unicorni, arabe fenici. A volte i simboli sono astratti e attinti dalla matematica e dalla geometria (quadrato, cerchio e triangolo inscritti fra loro in vario modo, numeri, moltiplicazioni, divisioni). Dato che le fasi alchimiche sono viste come dei veri e propri combattimenti, non sono insoliti simboli presi dal mondo cavalleresco, come la spada, il colpo di lancia, lo scudo, il cavallo. Spesso sono simbolici i metalli e le sostanze chimiche prese in considerazione nei manuali operativi.
Ma per complicare maggiormente le cose, s’incontrano anagrammi, rebus e acrostici, quest’ultimi parole composte dalle iniziali di altre parole formanti una frase significativa. Nel XIV sec. Basilio Valentino inventa il più noto, V.I.T.R.I.O.L. , che significa “visita interiora terrae rettificando invenies occultum lapidem”. Questo acrostico sintetizza quello che è il programma fondamentale dell’alchimia: scendere con la consapevolezza nella parte profonda e ignota dell’anima, partendo dalla sua componente animale fino a quella vegetativa e minerale, per una sua completa destrutturazione che è il presupposto della trasmutazione dell’uomo. Difatti con il termine vetriolo si indica l’acido solforico, un potente corrosivo che scioglie i composti.
Per fare un esempio del potere delle immagini e dei simboli si prenda in considerazione la particolare esperienza di un seminario su temi alchimici. Il termine seminario è un concetto che porta ad un significato comune, circoscritto. Ma se questo concetto viene traslato in immagini allegoriche, emotivamente trainanti, il relatore diviene il seminatore, gli argomenti rivelati i semi preziosi che sono gettati nel campo mentale dell’ascoltatore.
Di solito un seminario ermetico si svolge in un ambito ristretto, in un ambiente particolare, dove cuore ed intelletto possano essere stimolati. In un’atmosfera che alimenta una forte tensione emotiva si trasmettono delle esperienze interiori e non delle nozioni razionali. Così, se i partecipanti si siedono intorno ad un tavolo, questo può immaginarsi una mensa iniziatica, un campo allargato di energia creativa. Se si accende una candela, questa può evocare la luce dell’intelligenza. Se si distribuisce della carta per gli appunti, la pagina bianca può associarsi all’anima svuotata, ricettiva, che viene rivoltata, dissodata e impregnata dall’idea ermetica. Se l’inchiostro della penna è rosso, lo scrivere si collega allo scorrere del sangue, cioè ad un partecipare all’evento col cuore per potenziarne l’effetto. Si consideri che emos in greco significa sangue.
Lo sforzo di tracciare alcuni appunti, più del facile uso di un moderno registratore, incide sulla memoria e può far rivivere nei giorni successivi l’esperienza del seminario. Il lavoro di gruppo è facilitato se nei partecipanti vi è un certo equilibrio fra maschile e femminile, tra elementi di terra, di acqua, di aria e di fuoco. Così il seminario si trasforma in sinergia sottile per tutti i partecipanti.
Come nella parabola evangelica del seminatore, la terra di un campo energetico può essere ben dissodata, oppure dura e sterile, e nella prima i semi potranno germogliare a differenza della seconda. Se poi non saranno difesi dalla gramigna del dubbio, della presunzione e dell’incostanza, i germogli saranno presto soffocati. Infine le spighe di grano potranno crescere, ma se non saranno allontanati con determinazione uccelli o parassiti, cioè persone o situazioni che tolgono energia e concentrazione, la spiga non giungerà mai al colore oro della maturazione.
Ma la metafora della semina va oltre e fa intuire che i processi che governano il lavoro alchimico sono analoghi a quelli che governano il lavoro del contadino nei campi e durante le stagioni. Non solo, se i particolari delle illustrazioni “agricole” nei testi alchimici sono interpretati in modo più approfondito, si ha la chiave per entrare in una specifica operazione alchimica che va iniziata in un preciso periodo dell’anno, utilizzando un determinato seme ed una terra preparata con un modus operandi conforme. M. Maier nell’epigramma corrispondente all’emblema VI di Atalanta Fugiens (sec. XVII) così si esprime: “I contadini affidano il grano alla pingue terra dopo averla sfogliata con i loro rastrelli. I filosofi ci hanno insegnato a spargere l’oro in campi nivei che hanno come dei fogli lievi. Per far ciò guarda bene e al par che in uno specchio vedrai nel grano il modo in cui l’oro germina.”
Si dimostra così che nella mente e nella memoria l’immagine ha una potenza comunicativa di significati maggiore rispetto ad un concetto, che é inerte, freddo, e quindi fa più fatica ad essere assimilato. D’altra parte il pensiero dell’uomo, qualsiasi forma elementale di pensiero, nasce da immagini accompagnate da particolari emozioni e si struttura per immagini. Poi tale struttura diventa una creatura che vive di vita propria e si trasforma in una idea trascinante, in un progetto che infine porta a fatti concreti, nel bene o nel male.
Entrare nel mondo interiore con immagini appropriate suscita sempre un processo creativo non indifferente e rende sicuramente il pensiero più fecondo, dato che l’immagine, a differenza dell’astrazione senza forma, può rivestirsi di forme particolari, associate agli archetipi, tali da smuovere e liberare le cariche inespresse della libido, fonte di energia primaria nell’uomo. Così il relativo significato, caricato da questo surplus di energia, può incidersi nell’anima in maniera indelebile. Pertanto le allegorie alchimiche intendono giungere allo spirito per mezzo dell’unione dei sensi (il mondo di Afrodite) e dell’intelletto (il mondo di Hermes o Mercurio) e questo spiega il noto paradosso ermetico che solo colui che si è fatto “ermafrodita” può cogliere la pietra filosofale.
GIORGIO SANGIORGIO (da Agricoltura Celeste- Edizioni Adytum)