Una regina, che dopo poco morirà, desidera una figlia bianca come la neve, rossa come il sangue e nera come l’ebano. Il suo desidero si compie. Biancaneve, la fanciulla dai tre colori, simbolo dell’essere umano cosmico totale, nasce da una madre ultraterrena nell’atmosfera invernale della neve che cade in larghi fiocchi di cristallo che, quali forze celesti a forma d’esagono e quindi di stelle a sei punte, avvolgono la terra.
Ci troviamo di fronte al rinnovamento di qualche cosa di femminile che potrebbe essere l’immagine dell’anima nell’uomo o il modello della vita femminile per la donna. La regina muore e con lei qualche cosa di vecchio, che può essere nell’area del sentimento, o in qualunque altro ambito, e scompare lasciando il posto al nuovo, a Biancaneve, la quale sarà caratterizzata dal numero tre: dai tre colori, bianco, rosso e nero e dalle tre gocce di sangue. Tre sono le figure femminili nella fiaba: la madre di Biancaneve, Biancaneve stessa e la matrigna. Non pare casuale un rimando alle triadi di divinità dell’antichità classica; si pensi a Demetra, Kore ed Ecate, Demetra come dea madre, Kore la figlia ed Ecate, divinità lunare e notturna, presente al ratto di Kore. Anche altre dee formano spesso delle triadi, come ad esempio le Moire oppure le Grazie.
La madre di Biancaneve rappresenta lo stato in cui si è ancora uno con se stessi, senza contrasti e dunque senza dissidi. Da questa oscura incoscienza sorge come una luce Biancaneve che, bianca come l’innocenza, rappresenta il sentimento nella sua originaria purezza, non ancora frammisto a intenzioni egoistiche. Il bianco è il colore degli spiriti dell’ultraterreno, dell’aldilà. Ma Biancaneve è anche nera come l’ebano e rossa come il sangue. Il nero viene da sempre associato all’ oscurità, al male, il rosso del sangue significa calore, vita, emozione. Questi aspetti si rivelano a lei dall’esterno, nella passionalità della matrigna che non sopporta che Biancaneve sia più bella di lei.
I colori bianco, rosso e nero con i quali Biancaneve fa il suo esordio erano i colori del ciclo delle tre stagioni nell’età della pietra. In molte antiche culture, presso i popoli germanici, presso gli Ebrei e gli Egiziani l’anno aveva tre stagioni. I luoghi sumerici antichi del culto della virginale madre del dio, il tempio di Tell el Obeid vicino a Ur e l’interno del tempio di Uruk erano adorni di colonne e mosaici in bianco, rosso e nero. La fanciulla bianca, rossa e nera può essere dunque una rappresentazione dell’essere umano completo. Il bianco della neve simboleggia lo spirito e la saggezza, il rosso l’anima e il sentimento, il nero, colore della terra, sta per il corpo e la volontà. Presso i Germani era sacra la cicogna, l’uccello bianco, rosso e nero, nel quale essi vedevano il simbolo dell’immagine originaria dello spirito. Non per nulla si dice tutt’ora che le cicogne portano i bambini.
È possibile anche definire Biancaneve fiaba alchemica. Possiamo riconoscere le fasi attraverso le quali passa la materia per trasformarsi da piombo in oro: nigredo, viriditas, albedo, e rubedo. Biancaneve, oltre a rappresentare la materia stessa, che deve passare attraverso le operazioni di trasmutazione, porta in sé tre dei colori dell’opera: il nero della prima fase, il bianco dell’albedo e il rosso della quarta, il verde potrebbe essere lei stessa, nel suo forte legame con la natura, come si vedrà in seguito.
La regina buona, anima materna collegata al divino, muore e al suo posto subentra la matrigna che simboleggia la materia, ossia ciò che nell’essere umano è strettamene aderente al mondo concreto, la natura umana materiale che inizia la contesa con lo spirito.
Il carattere della matrigna, vanitoso, geloso ed egoista è il contrario di quello di Biancaneve. La lotta tra il bene e il male ha inizio. Il conflitto tra Biancaneve e la regina cattiva potrebbe anche essere interpretato come la collusione fra due posizioni nettamente contrastanti nella psiche femminile. La gelosia, personificata nella matrigna, è la negazione dell’amore e finirà col distruggere la regina, così come chi non diviene cosciente del proprio egoismo non può maturare e svilupparsi. La fiaba di Biancaneve sarebbe l’illustrazione dello sviluppo dei sentimenti, attraverso il quale l’essere umano diviene dolorosamente cosciente delle sue interne contraddizioni
Biancaneve-Anima è la figlia del RE-Spirito-Padre-madre, ma in questa vita è prigioniera della sua Matrigna-Ego-Natura materiale – Matrix, che infatti chiederà in continuazione al suo specchio chi è la più “bella” tra le due. Nella versione di Disney, la matrigna desidera il cuore di Biancaneve, organo legato all’anima, al Femminino Sacro, alla Coscienza Cristica, la Pietra Filosofale, senza il Cuore Biancaneve non potrà mai liberarsi dal suo stato di prigionia, in cui tutte le anime umane versano.
La regina ha uno specchio che le dice sempre la verità, una sorta di intelligenza superiore. Uno specchio serve a scandagliare se stessi e a ricavarne autoconoscenza. La regina ne abusa per avere informazioni sugli altri e lo mette al servizio della propria gelosia. Ciò significa che il lato buio della donna, l’”anima dell’uomo”, che di per sé è una dote positiva, utilizza qui il dono dell’intuizione per scopi negativi. La matrigna guardando nello specchio non interroga il proprio riflesso, poiché non lo scorge. Interroga piuttosto un’immagine autonoma, in grado, in quanto riflesso di specchio, di “rispondere” alla vanitas di colei che lo interpella: non può certo sottrarsi dal rivelare la verità, non sarebbe altrimenti più uno specchio. Se mentisse, verrebbe meno la sua funzione originaria.
Quando apprende che Biancaneve è più bella di lei, la regina cerca di farla uccidere dal cacciatore, che per mestiere è a stretto contatto con gli animali, i quali a loro volta simboleggiano gli istinti umani. Il cacciatore, che si lascia impietosire, si può interpretare come quel sano istinto che salva l’essere umano dall’assalto del male. Nel linguaggio psicanalitico il cacciatore personifica il cosiddetto “animus”, espressione con la quale si suole definire il lato maschile della donna. Il cacciatore porta alla regina il fegato e i polmoni di un animale al posto di quello di Biancaneve e lei li divora soddisfatta, rivelandosi figura di madre che annienta, anziché far progredire amorevolmente i suoi piccoli, e rappresenta coloro che distruggono la Biancaneve che hanno in sé.
Il cacciatore potrebbe simboleggiare anche la mente concreta presso il quale le forze della conoscenza uccidono le forze della vita, come egli uccide gli animali. Sia lo specchio, sia il cacciatore sono in potere della regina cattiva. Ma da Biancaneve emanano amore, innocenza, purezza e luminosità tali, che il cacciatore non riesce ad ucciderla. Biancaneve è più forte di lui e supera il potere mortale della fredda ragione. Né le forze mentali, simboleggiate nel cacciatore, né le forze emotive del mondo sensitivo, raffigurate negli animali, possono nulla contro Biancaneve, che rimane pura in anima e spirito.
Biancaneve si ritrova nella foresta-inconscio, un luogo tenebroso, senza luce (senza coscienza). Esausta si addormenta. Un sonno che la rigenera e, nella versione animata di Walt Disney, si può vedere il tornare alla vita di tutti gli animaletti del bosco che guardano incuriositi l’intrusa. Un’intrusa che porta la rinascita nella natura, una sorta di primavera della terra che, sciolta la neve, germoglia di nuovo. L’immagine di Biancaneve sdraiata a terra e che si solleva fa pensare a questo trionfo primaverile. D’altra parte la primavera simboleggia proprio il risveglio, nuove energie che si mettono in moto, speranza, espansione di coscienza, iniziazione.
Biancaneve fugge al di là dei sette monti. Questa fuga rappresenta lo sviluppo personale che ciascuno raggiunge per gradi attraverso il conflitto interiore, passando dalla valle alla vetta e prendendo distacco da sé e dalle proprie passioni.
Dopo questo raggiungimento Biancaneve trova protezione presso i nani. Nella mitologia i nani sono esseri operosi, fortemente legati alla natura, posseggono conoscenze misteriose e saggezza; scavano tesori dal cuore delle montagne, ossia, metaforicamente, valori nascosti nel profondo di ciascuno. Sono minuscoli e personificano le possibilità dell’anima, piccole ma molto efficaci.
I 7 nani lavorano nella miniera-caverna del corpo e dell’inconscio, dalla quale cercano di estrarre diamanti ossia qualità e virtù: essi trasmutano il piombo in oro per la costruzione del famoso Corpo di Gloria della Tradizione Cristiana o, per l’appunto, Corpo Diamantino o di Diamante della Tradizione Orientale.
Il numero 7, insieme al 3 che abbiamo visto all’inizio della fiaba, è il numero sacro più diffuso nella mitologia e nelle religioni. Tra i collegamenti che più ci intessa quello con i sette pianeti, più precisamente quei corpi che per gli antichi non avevano una collocazione fissa nel cielo: Saturno, Giove, Marte, Sole, Venere, Mercurio e Luna. Proprio per questo suo collegamento con il cielo, il numero 7 venne eletto a simbolo di saggezza e riflessione.
In questa favola il numero 7 compare già all’inizio: 7 infatti sono gli anni in cui Biancaneve raggiunge l’apice della sua bellezza, sette sono i monti che deve attraversare per arrivare dai sette nani.
I 7 nani nella versione della Disney vennero personalizzati, dando loro dei nomi e delle caratteristiche che li distinguevano l’uno dall’altro. I loro temperamenti furono collegati con le influenze dei sette archetipi planetari e di conseguenza ai sette vizi e alle 7 virtù: Dotto, in inglese Doc, che rappresenta il sole, dunque la luce, il giorno del sorgere della vita e della veglia, Brontolo, Grumphy, l’irritabile, è Saturno, Gongolo, Happy, il gioviale, che rappresenta Giove; Pisolo Sleepy rappresenta il mondo onirico della Luna; Mammolo la pudicizia di Venere; Eolo Sneezy ricorda la forza irruenta di Marte; Cucciolo, Dopey, piccolo e giovane, è Mercurio, dio portatore dell’informazione segreta che infatti non parla, Biancaneve sarebbe l’ottavo elemento della storia. Otto è il numero della totalità e, nella sua rappresentazione grafica riflette il senso di un tempo che si riproduce in un eterno ritorno. Sette degli elementi che fanno parte di questo scenario del mondo appartengono a una dimensione, per così dire, “ordinaria”, l’ottavo a una dimensione “straordinaria”. Se Biancaneve vive sopra la terra, dove si addormenta e al suo risveglio tutta la natura si risveglia come al ritorno della primavera, così i nani agiscono nel sottosuolo, dove c’è la vita dei germogli, degli insetti, le falde acquifere, la vita sommersa che esploderà in superficie con l’arrivo della primavera (Biancaneve).
Nella fiaba sono positivi. Sette piccole luci, tanti piccoli pensieri che soccorrono colui che vuole vincere i propri conflitti. Per poter restare presso di loro Biancaneve deve servirli operosamente, ossia mettersi al servizio della propria spiritualità creatrice. Il mondo dei nani è piccolo, quindi relativo nello spazio, mentre la figura di Biancaneve appartiene ad un’altra dimensione nel tempo, poiché la sua morte non sarà reale. Sembra rappresentare la parte sovratemporale dell’anima.
La casetta dei nani è deserta quando lei vi giunge, e di giorno la fanciulla vi trascorrerà tutto il tempo in solitudine. Ciò potrebbe significare che l’anima alla ricerca di sé percorre un sentiero sottile, aspro e accidentato dove corre il rischio di perdersi e come compagna ha la paura dai mille tentacoli. Biancaneve viene accolta dai nani, ma anche presso di loro è sola e in quella casetta supera la paura. È nella solitudine che, per assurdo, va vinta la paura. Nella solitudine l’anima entra in contatto con se stessa e attraverso maldestri tentativi e ripetuti errori giunge a trovarsi. È nella solitudine che fiorisce l’arte, che la natura parla, che la voce interiore si fa strada, che la lampada della visione s’illumina
La regina tenta tre volte di uccidere Biancaneve: con i lacci della cintura le toglie il respiro, con il pettine i pensieri inconsci e la fantasia, simboleggiati dai capelli, e con la mela avvelenata interviene nella sfera dei sentimenti. La mela è il simbolo mitologico dell’amore e nel paradiso terrestre lo è della conoscenza morale. Porgendo a Biancaneve la parte rossa avvelenata la regina usa l’eros come simbolo distruttivo e come strumento dell’io privo dell’aspetto divino.
Biancaneve assaggia la mela (il peccato) dopo essersi lasciata convincere dal suo illusorio bell’aspetto, e appena la morde cade in uno stato di sonno: rappresenta lo stato attuale di Sonno-Caduta delle anime umane, che per risvegliarsi devono appunto attraversare sette monti, chiedere aiuto ai sette nani e utilizzare la forza dell’eros sublimato.
I nani riescono a sventare solo i primi due tentavi della matrigna. Il terzo è al di là del loro potere. Ma Biancaneve, pur avendo mangiato la mela avvelenata, simbolo della morte spirituale nell’Eden e del potere umano, rimane la fanciulla bianca, rossa e nera. Le forze della decomposizione non contaminano il figlio del sole e della luce che permane vittorioso in ogni contesa degradante e distruttrice. E gli animali giungono e piangono: la civetta, l’uccello di Atena, vede nella notte, ed è simbolo della conoscenza superiore, il corvo, l’uccello di Wotan, indica quanto di più oscuro lega l’uomo alla terra, la colomba, simbolo di Venere, è espressione della forza dell’amore dell’anima purificata. I tre uccelli sono anche rappresentativi delle tre religioni: la greca, la germanica, la cristiana. Tutti gli animali poi indicano la partecipazione della natura alla morte di Biancaneve
I nani al momento di seppellirla nella terra nera s’avvedono che Biancaneve rimane intatta, allora le fabbricano una bara di cristallo, simile al ghiaccio invernale che ricopre e custodisce la terra, solo apparentemente morta, e in realtà potenzialmente fertile e rigogliosa, e vi scrivono sopra che contiene una figlia di re, ossia un essere che solo apparentemente soggiace alla morte ed è destinato, grazie al suo valore sovrapersonale a raggiungere la regalità, a uscire dal caos e dal disordine incontro all’amore vero.
La morte di Biancaneve descrive un evento solo in apparenza contraddittorio. Da un lato una grande sventura, dall’altro la condizione per sorgere a nuova vita. Simbolicamente la morte non significa mai uno stato definitivo, bensì una situazione provvisoria che prelude ad una trasformazione. Si pensi ai misteri della morte e della rinascita nella mitologia e nella storia delle religioni, come ad esempio la morte di Attis e di Osiride e il ritorno di Kore nel mito di Demetra e la resurrezione di Cristo nella religione cristiana. Anche l’essere umano vero deve talvolta passare attraverso una morte simbolica per progredire. In questa fiaba è il principio originario dell’eros che passa per lo stato della morte. È la morte che toglie l’uomo dall’isolamento nel quale si trova durante la sua esistenza corporea nel tempo e nello spazio. La morte è il ritorno alla madre, l’entrata nel grande Amore, la cessazione della solitudine. C’è quindi una morte che non può essere evitata, che è simbolica e trasforma la fanciulla ingenua nella sposa regale. In linguaggio psicologico si può dire che il sentimento, che prima era vero ed innocente per ingenuità, si è sviluppato ed è giunto a maturazione. Biancaneve viene solo apparentemente toccata dal veleno e dalla morte e poiché non si decompone raffigura quel quid eterno che è dell’uomo. La bara di cristallo è un involucro freddo ed invisibile che impedisce la partecipazione attiva alla vita, simbolo anch’esso del principio materno che dà la morte.
A conclusione della fiaba il principe salva Biancaneve, ma è un caso fortuito quello che conduce alla sua liberazione; una scossa, causata da un servo che inciampa in uno sterpo è metafora per uno shock a livello psichico che provoca l’eliminazione di ciò che non è essenziale, di ciò che è estraneo, qui il torsolo della mela, e consente il ritorno in se stessi. Questo incidente indica anche che, molto spesso, ciò che a prima vista potrebbe sembrare una sventura può rivelarsi nel tempo una importante opportunità.
Ciò che più colpisce nella fiaba è la passività dell’eroina, che cerca di sfuggire alla propria distruzione senza esserne in grado. Deve lasciarsi avvelenare e solo dopo potrà vivere. L’iniziale passività dell’eroina si spiega con l’inesperienza dell’anima nel conoscere la propria entità e le forze misteriose che in essa albergano, è evidente che il ruolo della regina cattiva è essenziale nello svolgimento degli eventi e causa la trasformazione di Biancaneve da bimba indifesa in sposa regale. È con il lungo viaggio delle ripetute esperienze che Biancaneve conquista una maturità tale da poter esprimere liberamente l’aspetto della volontà insito in lei e sbarrato prima d’allora alla coscienza. È attraverso l’amore che l’anima acquisisce l’ulteriore capacità di esprimersi.
Le nozze simboleggiano l’unione feconda della parte femminile con la parte spirituale maschile, ossia l’unione della donna con il suo “animus”, che trova naturalmente riscontro nell’unione dell’uomo con la sua “anima”. Interpretando il topos al maschile il principe salvatore è il sé, l’interiore personalità dell’uomo, chiamata a reggerne l’esistenza. Sia che la si legga al femminile, sia che la si legga al maschile la fiaba rappresenta il collegamento fra comprensione spirituale e sentimento vero.
Il principe è il principio spirituale. Ambedue sono degni di congiungersi solo quando conoscano e comprendano l’amore vero. A quel riconoscimento giungono coloro che, aiutati nella lotta e nel superamento dei propri limiti dalle forze delle qualità personali intrinseche, abbiano saputo sopportare, senza soccombere, l’aspro cammino che conduce alla maturità
Il figlio di re rappresenta anche la forza più potente nell’uomo e nel cosmo, l’Amore. Nel figlio di re si manifesta la forza divina superumana e trascendente che sconfigge la morte. Le nozze sono la festa della sacra comunanza di coloro che si amano, immagine, simbolo e promessa delle nozze eterne fra l’essere superiore spirituale e l’umanità.
Vi è un ultimo particolare, eclatante nella sua semplicità simbolica. Il principe chiede ai nani la bara e offre in compenso tutto ciò che essi possano volere. Ma essi non sono disposti a cederla neppure per tutto l’oro del mondo. Allora il principe chiede che gliela regalino. E così accade. L’amore non si compera, perché non è in vendita. Lo si può solo dare e ricevere gratuitamente in dono.
Biancaneve rappresenterebbe l’anima umana in cammino dalle tenebre verso la luce, dal dolore verso la gioia, dalla disperazione verso la serenità. Trasmetterebbe quindi un messaggio che fortifica la psiche e la rassicura. E’ passata attraverso la Nigredo nella solitudine, è morta ed ha superato la Viriditas giacendo nella bara, si è risvegliata nell’Albedo e finalmente con Amore si è unita al Principio nella definitiva realizzazione del Sé.
BARBARA MARCHESINI