L'alchimia è una ricerca spirituale, coadiuvata dalla conoscenza empirica dei processi meno visibili che guidano la natura e l'esistenza dell'uomo, derivata dalle più antiche tradizioni, elaborata già in forma scritta tra il II e il I secolo A C in quell'area mediterranea il cui centro culturale era la città di Alessandria di Egitto. Viene poi approfondita e applicata alla distillazione di farmaci vegetali dai settori più elevati della cultura araba, mentre in Europa, durante l'impero romano e fino all'Alto Medio Evo, subisce alcuni secoli di oblio e i suoi testi si conservano solo in ristretti ambiti culturali, in particolare nell'area bizantina. Ma a partire dal XII secolo, attraverso la traduzione di testi arabi in latino, avvenuta nei califfati moreschi in Spagna, si afferma in Europa e in Italia, soprattutto negli ambienti universitari di Bologna e di Padova.
Pietro d'Abano nasce ad Abano nel 1257 e muore a Padova tra il 1316 e il 1317. Quindi vive nel periodo in cui l'alchimia si diffonde ampiamente in Europa. Pietro d'Abano è medico e filosofo, ma anche astrologo e alchimista, insegnante di medicina, filosofia e astrologia all'università di Parigi e dal 1306 all'università di Padova. Vive a lungo a Costantinopoli, dove può studiare testi di Galeno, Avicenna e Averroè, e soprattutto approfondire le conoscenze alchemiche su testi originali greci, conservati nelle biblioteche bizantine.
Probabilmente Pietro d'Abano ispira a Giotto il complesso ciclo pittorico che ornava il palazzo della Ragione di Padova, andato perso in un incendio e rifatto dopo il 1420 da alcuni pittori minori, seguendo lo stesso schema iconografico. Il ciclo di affreschi è suddiviso in 333 riquadri, si svolge su tre fasce sovrapposte, ed è uno dei rarissimi cicli astrologici medievali giunti fino ai nostri giorni.
Accusato 3 volte dal Tribunale dell’Inquisizione (nel 1300, nel 1306 e, probabilmente, nel 1312) è prosciolto le prime 2 volte. L'ultima volta muore in prigione a causa delle torture subite, un anno prima della fine del processo. A seguito della condanna, il suo cadavere viene dissotterrato, per essere arso sul rogo.
All’approfondimento della medicina egli affianca lo studio dell’astrologia e la pratica dell'alchimia, per conoscere il momento e il modo giusto in cui preparare e somministrare cure e medicamenti. Nelle sue opere afferma che occulte influenze cosmiche, dalla astrologia classica associate agli astri, condizionano la vita dell’uomo e la crescita delle piante, la trasformazione alchemica delle sostanze naturali, il metabolismo umano, i temperamenti e i caratteri individuali. Egli sostiene la connessione tra il mondo naturale e gli astri, quindi il ricorso alla magia naturale, intesa come una serie di operazioni di laboratorio, sia esteriore che interiore, per attivare queste connessioni, e un uso della medicina che, in termini moderni, può definirsi olistico.
Pietro d'Abano concepisce l’uomo e l’intero creato come un organismo unitario, regolato da determinati archetipi, associati alle potenzialità delle costellazioni fisse, ai dodici segni zodiacali, e alle funzioni dei sette pianeti mobili. Le sette energie planetarie modulano quattro corpi o sfere di manifestazione dell'uomo, una più densa e pesante, caratterizzata dalla prevalenza dell'elemento terra, una più fluida e mutevole, data dalla prevalenza dell'elemento acqua, una più sottile e interattiva, data dalla prevalenza dell'elemento aria e l'ultima più vibrante e radiante, caratterizzata dalla prevalenza dell'elemento fuoco.
Chi pratica l'alchimia, per garantire reale efficacia ad un farmaco, raffina piante che possano agire non solo sul corpo denso ma anche su quello sottile, le raccoglie in punti geomagnetici positivi, lontano dall'inquinamento dei centri abitati, dove le piante hanno mantenuto inalterata la memoria della propria specie e sviluppato a pieno il proprio campo energetico. La pianta coltivata è più debole, perché costretta a vivere in un habitat innaturale e che le fa smarrire l'anima vegetativa. Quella selvatica è più forte e quindi più attiva, perché costretta a combattere per sopravvivere, senza concimi e insetticidi, nel suo ambiente di origine, dove assorbe meglio la composizione magnetica del luogo in cui cresce e conserva meglio le valenze terapeutiche della propria specie.
La raccolta deve avvenire nel momento di maggiore energia della pianta, di maggiore concentrazione dei principi attivi, che in genere corrisponde a tempi astrologici, stagioni, mesi, giorni e ore precisi, corrispondenti al genio planetario della specie. Il luogo dove nascono le piante deve essere in equilibrio con i quattro elementi: esente da violente precipitazioni per quanto riguarda l'elemento acqua; protetto da eccessiva esposizione al sole per quanto riguarda il fuoco; riparato dal vento per quanto riguarda l'aria; col giusto angolo di incidenza del suolo, rispetto all'irradiazione elettromagnetica del sole e della luna, per quanto riguarda la terra. In questo modo non si mina il delicato equilibrio idrosalino della pianta, se ne conserva il contenuto di oli essenziali e si amplifica il suo potenziale formativo e informativo.
Questo lavoro è facilitato se l'operatore si avvicina col giusto approccio alle erbe, con una certa empatia, in un certo senso con una purezza spirituale, che lo aiuta a percepire l’anima planetaria dei vegetali, che reagisce in maniera diversa secondo lo stato d’essere di chi le raccoglie e le trasforma. D’altra parte è possibile verificare con apparecchiature elettroniche che le piante, quando sono stimolate da forti emozioni – negative o positive - mandano specifici impulsi elettrici.
Solo nelle giuste condizioni di spirito è possibile raccogliere, essiccare e conservare – al massimo per due anni – le erbe medicinali, che sono esseri viventi e quindi vanno trattate con grande rispetto. Per estrarne l'anima o quintessenza, le radici vanno raccolte nel tardo autunno, dopo le prime brine e nelle ore del mattino o dell’imbrunire, in giornate serene e con tempo stabile; invece le foglie ed il fusto in pieno sviluppo e prima della fioritura, nelle ore calde del mezzogiorno, in giornate soleggiate e prive di vento forte; a metà mattino i fiori non ancora sfioriti ed i frutti, quando hanno raggiunto la maturazione. Nella decisione se raccogliere o meno la pianta è importante pure il modo e la direzione da cui spira il vento, dato che la rosa dei venti è legata ai quattro elementi, ai sette pianeti e ai dodici segni zodiacali.
Nelle ricerche di Pietro d'Abano riveste grande importanza la geomanzia, il più antico sistema di divinazione, che interpreta il messaggio ed i significati delle forme assunte da sassolini gettati a terra e preannunzia come potrebbe svolgersi il futuro, ad esempio il decorso di una malattia e quali rimedi siano applicabili. I simboli geomantici sono sedici e interpretati in relazione ai quattro punti cardinali, associati ai quattro elementi. Ora i sassolini sono sostituiti da punti tracciati sulla carta o da dadi lanciati sul tavolo, ma questi sistemi perdono la sintonia con l'anima sensibile della madre terra.
Pietro d'Abano è quindi è un uomo complesso, non comune per i suoi tempi, uno studioso che, nonostante sia poco conosciuto, anche fra gli stessi abitanti di Abano, ha lasciato una traccia notevole della sua opera e ha fatto della libera ricerca, negli anni bui dell’oscurantismo e del fondamentalismo religioso, l’elemento fondante della sua vita, nonostante la feroce avversione delle gerarchie ecclesiastiche e degli ambienti più conservatori. Egli considera l'alchimia una pratica per utilizzare le energie nascoste nella materia e nel corpo umano, un metodo per osservare in laboratorio i processi e le reazioni della natura. La conoscenza che si acquisisce è basata sull’esperienza diretta di tali fenomeni, anche se soggettiva, condivisa da pochi iniziati, perché l'alchimia ha il pregio di proporre una metodologia direi scientifica, anche se si tratta di una scienza particolare, di una fisica che sconfina nella metafisica, di un metodo in cui sperimentatore e materia sperimentata si influenzano a vicenda, di risultati spesso osservabili con sensi più sottili di quelli comuni, ma non per questo meno reali.
E' proprio questo metodo interdisciplinare ad attirare sull'alchimista i sospetti del Tribunale dell’Inquisizione, che lo accusa non solo di ateismo e negromanzia, di averroismo, quindi di materialismo, ma anche di mettere in discussione i miracoli dei santi e l’esistenza dei demoni. Egli infatti nega la Provvidenza e cerca di spiegare le resurrezioni, raccontate nei testi biblici, come casi di morte apparente.
Dopo la sua morte, Pietro d'Abano entra ben presto nelle leggenda e viene ritenuto erroneamente l'autore di testi di magia bianca o nera, come l'Heptameron o il libro delle evocazioni, dove si tratta di cerchi magici, di esorcismi, di riti per evocare gli angeli, i geni delle ore, dei giorni, delle stagioni e dei pianeti, utilizzando particolari cerimonie e mezzi strumentali: profumi, acqua santa, vasi di terra, fuochi, vesti, pentacoli, libri, spade.
Invece l'alchimia va oltre l'immagine fantasiosa che ne hanno dato diversi romanzi, o recentemente fumetti e film con effetti speciali, sensazionali, tanto per attirare il pubblico. L'alchimia non è affatto, come molti credono, un insieme di antiquate conoscenze, mescolate a credenze religiose o superstizioni, con streghe e stregoni, con filtri e bacchette magiche, oppure una chimica grossolana del passato, che tentava inutilmente di trasformare il piombo in oro. In realtà la trasformazione del piombo in oro è solo la metafora di una profonda trasformazione o sublimazione dell'uomo, del suo comportamento, del suo modo di pensare e vedere le cose, che soltanto gli sprovveduti finora hanno preso alla lettera, e fra questi molti in passato con l'alchimia hanno cercato di arricchirsi, con forni e crogioli. Tra l'altro questi illusi dai veri alchimisti erano chiamati con sarcasmo soffiatori di carbone o farfalle affumicate.
In realtà l'alchimia utilizza la magia naturale nel senso che presuppone un intimo legame tra pensiero e materia, tramite l’intermediazione delle immagini, della volontà e delle emozioni. Quindi nella medicina ermetica è fondamentale immaginare con la mente e volere col cuore la guarigione del malato e poi operare per realizzarla in concreto, proprio come è stato immaginato e voluto, accompagnando la preparazione e somministrazione del farmaco con azioni e parole ritualizzate, cioè a cui si è dato il giusto ritmo e intento. D'altra parte le parole immagine, immaginazione e magia hanno la stessa origine etimologica e quindi da una parte si utilizza il rito per canalizzare l'immaginazione e la volontà, dall'altra si utilizza l'arte e la scienza per affinare l'esame clinico e la conoscenza del corpo umano. Non si spiega altrimenti il fatto che la stessa cura per le stesse malattie, con età e stati di salute identici, in certi casi abbia esiti positivi e in altri negativi.
Per Pietro d'Abano l’opera alchemica è una ricerca all’interno della materia, nella sua struttura profonda, per separarne le parti sottili dalle spesse, per distillarne le parti volatili dalle fisse, potenziandone l'essenza che rigenera e sana, neutralizzandone le scorie che invece corrompono ed ammalano. Questo lavoro può essere diretto verso una chimica capace di estrarre l'anima, la complessiva vibrazione energetica di una erba, non solo un principio attivo, come un alcaloide o un olio essenziale, ma anche verso la trasformazione dello stesso l’alchimista, che attraverso la sperimentazione delle proprie funzioni psicofisiche, può distillare dal proprio corpo lo spirito imprigionato nella carne, cioè la sua energia intelligente, per poi rinnovare o rettificare col potere dello spirito lo stesso corpo.
Alla luce di queste considerazioni si spiega come le erbe, fin dall'antichità, facciano parte del processo di purificazione del metabolismo e di trasformazione della coscienza degli alchimisti, che si appropriano non solo delle loro sostanze chimiche, ma anche della loro vibrazione energetica, della loro quintessenza, tramite infusi, macerazioni e fumigazioni. I primi ricercatori imparano a conoscere le virtù terapeutiche delle piante mettendosi in contatto empatico con la natura, osservando il comportamento degli animali, istintivamente in contatto con l'anima intelligente del mondo e che quando sono ammalati - anche se carnivori - si disintossicano con determinate erbe.
Conoscitrici delle erbe sono soprattutto le donne, per la ragione che le ricercano e coltivano per fini alimentari. Le guaritrici e levatrici di campagna o di montagna sono le uniche forme di assistenza medica per le popolazioni povere, che non possono permettersi i costi di un dottore vero e proprio. Queste stesse donne sono a volte processate e arse sul rogo come streghe.
Ogni pianta ha un’anima ove è prevalente un archetipo o pianeta, che le conferisce particolari virtù curative. In genere le piante saturnali hanno proprietà astringenti e coagulanti, antinfiammatorie e febbrifughe, refrigeranti e sedative. Le piante gioviali hanno proprietà antispasmodiche, balsamiche ed emollienti; bloccano lo stimolo del vomito e regolano transitoriamente le funzioni degli organi. Le piante mercuriali sono antiossidanti, cefalitiche e nervine; agiscono sull’addome, sui bronchi e sui polmoni. Le piante venusiane sono diuretiche, antisettiche, emostatiche, antinefritiche; agiscono sulle infiammazioni renali e degli organi sessuali. Le piante marziali sono afrodisiache, stimolanti, toniche, ma caustiche e vescicanti. Le piante lunari sono emetiche, alterative ed attenuanti; agiscono sul plesso del gran simpatico; hanno caratteristiche enzimatiche e fermentative. Infine le piante solari hanno proprietà ricostituenti, sudorifiche, stimolanti e digestive; agiscono sul cuore e la circolazione.
L’utilizzazione medica dei procedimenti di distillazione e raffreddamento, fermentazione e calcinazione, applicati sulle sostanze vegetali, è approfondita dall’alchimia araba, che tra il IX e il XII secolo porta alla scoperta di oli essenziali, acidi, alcali e sali, dell’acqua distillata, dell’alcool, dei liquori medicinali, nel tentativo di realizzare l’oro potabile, la medicina universale che può perfezionare fisicamente e spiritualmente l’esistenza terrena. In Europa l’utilizzazione medica delle conoscenze alchemiche nasce ufficialmente con l'Umanesimo, anche se nel medio evo già esiste una certa pratica erboristica e circolano dei ricettari bizantini; come la più antica alchimia metallurgica nel crogiolo, nata nel periodo greco alessandrino, è mezzo di studio per verificare in vitro che ciò che è in alto è come ciò che è in basso e ciò che è in basso è come ciò che è in alto, le correlazioni esistenti tra la terra e il cielo stellato, tra l'uomo e l'universo.
Già tra il IX e il X secolo la medicina occidentale trae insegnamento da testi greci ed arabi, tradotti in latino dalla Scuola Medica Salernitana. Questa ha il merito di diffondere l’idea che la malattia va combattuta attivamente, con dei farmaci, rifiutando il concetto teologico che è inutile curare il corpo corruttibile, quando la vera salvezza risiede nel Paradiso. L’esponente più noto della scuola è il medico cartaginese Costantino l’Africano, che introduce a Salerno lo studio di testi alchemici, in specie di Avicenna. Il testo ufficiale della scuola, il Regimen Sanitatis, scritto in versi latini, ha una grande diffusione e migliora le conoscenze igieniche e sanitarie in tutta Europa.
Tra il XII e il XIII secolo, le tecniche di vetreria per la costruzione di alambicchi sofisticati sono messe a punto soprattutto nei monasteri dei benedettini o francescani, che almeno fino a quando ciò non è proibito dall'autorità papale, nel XIV secolo, sono esperti alchimisti, che ricercano una quintessenza terapeutica nei distillati alcolici del vino e di altri prodotti vegetali.
L'ermetismo sostiene che esita una stretta relazione tra l'uomo e lo zodiaco, e quindi è molto importante il sistema endocrino, con sette ghiandole, legate a sette pianeti o metalli, e che producono ormoni e neurotrasmettitori di grande importanza per il metabolismo e l'attività mentale, e questo fatto è già intuito da Pietro d'Abano e da altri alchimisti medievali. Come i pianeti si muovono intorno al sole per effetto della sua forza gravitazionale ed elettromagnetica, così nel corpo umano si muovono queste sostanze, trasportate dal sangue che circola continuamente per mezzo del cuore, il sole dell’essere umano, per raggiungere i ricettori delle cellule dei vari organi e i neuroni del cervello.
Con le moderne conoscenze della medicina ora sappiamo che Saturno è collegato all'epifisi, che secerne serotonine e la melatonina che regola i cicli dell'organismo, Giove all'ipofisi che secerne ormoni della crescita ed endorfine, Mercurio al pancreas che secerne l'insulina, Venere alle ghiandole surrenali che secernono l'adrenalina, Marte alla tiroide che secerne la tirossina che controlla il metabolismo, la luna alle ghiandole sessuali che secerno testosterone e estrogeni, il Sole al timo che secerne i linfociti che attivano il sistema immunitario.
Il primo ad utilizzare metalli trattati alchemicamente a fini terapeutici è però il medico svizzero Paracelso, che nel Cinquecento con varie pubblicazioni favorisce il sorgere e l’affermarsi della chimica farmaceutica. Secondo Paracelso il corpo umano è un sistema di reazioni, nel quale giocano un ruolo fondamentale i tre principi degli alchimisti, lo zolfo coagulante ed il mercurio solvente, mediati o catalizzati dal sale: chimicamente sostanze basiche, acide e saline; fisicamente cariche elettriche positive, negative e neutre. Pertanto l'origine delle malattie è da ricercare nello squilibrio o in un equilibrio non dinamico di sostanze chimiche, di cariche elettriche e stati d'essere e non solo nella disarmonia dei quattro umori della medicina medievale tradizionale, che a volte ne è solo l'effetto. Inoltre la salute può essere ristabilita utilizzando rimedi di natura minerale, elementare, più facilmente scomponibile in parti sottili, oltre che con rimedi di natura vegetale o animale, organica, più complessa. Paracelso separa di un prodotto i componenti vitali e sottili da quelli inerti e spessi, eliminando le scorie tossiche del minerale o del vegetale grezzo; realizza il farmaco unendo nuovamente il principio volatile purificato al residuo denso calcificato che lo fissa.
Tuttavia la medicina di Pietro d'Abano si basa sui concetti della medicina medievale, sui canoni aristotelici dei quattro elementi – terra, acqua, aria e fuoco e delle loro qualità freddo, umido, caldo, secco – sulla circolazione nel corpo dei relativi umori – la bile nera che produce il temperamento melanconico, la flemma o linfa che produce il temperamento flemmatico, il sangue che produce il temperamento sanguigno o tonico, la bile gialla che produce il temperamento bilioso o reattivo.
Pertanto Pietro d'Abano ritiene che le malattie siano soprattutto causate da un eccesso di un determinato elemento, umore e temperamento, e vadano combattute dall'elemento e umore contrario, quindi l'eccesso di umido da farmaci o erbe con qualità secche, l'eccesso di caldo da farmaci o erbe con qualità fredde, di bile nera e melanconia dal sangue e dal temperamento tonico, di flemma dalla bile gialla e dal temperamento reattivo.
Tali nozioni saranno poi completate e integrate nel Cinquecento da Paracelso, che ritiene la malattia causata anche da uno squilibrio tra i principi alchemici dello zolfo, del mercurio e del sale - chimicamente sostanze acide, alcaline e saline, fisicamente cariche elettriche positive, negative, neutre - che utilizza anche metalli e minerali in dosi ridotte e mediate dai sali, e che l'organo ammalato va curato con ciò che gli è più simile e quindi più assimilabile.
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