Centro Studi Ermetici Alchemici

MARTE ALCHEMICO - ALCHIMIA E ASTROLOGIA UMANISTICA

“Non di forza e di potenza c’è bisogno
ma il primo per conoscenza sarà Re”
Eschilo (Prometeo Incatenato)

Carl Gustav Jung e l'Alchimia.

Carl Gustav Jung (1875-1961), padre della psicologia analitica del profondo, si è dedicato per circa vent’anni allo studio dell'alchimia.

Nel corso di tanti anni infatti, bisognoso di dare un fondamento oggettivo alle sue convinzioni sul valore sociale e spirituale del suo “Percorso d'individuazione dell'Io”, inteso come un processo di differenziazione dai valori collettivi e presupposto per arrivare alla Verità personale; convinto che tale percorso dovesse passare attraverso la riconciliazione ed integrazione delle molte dualità interne alla psiche; certo che l'inconscio individuale fosse condizionato e suggestionato dai modelli archetipici dell'inconscio collettivo, una sorta di fonte psicologica universale che affonda le sue radici nella notte dei tempi e che rappresenta la comune eredità del genere umano, Jung ha guardato all'alchimia con un interesse particolare; ha esaminato attentamente le fasi dell'Opus, le sue tematiche fondamentali, i suoi emblemi; fortemente convinto del potere evocativo del simbolo sulla capacità di interpretare i fatti della realtà quotidiana attraverso strumenti non solo logici e razionali ma fortemente connessi con dimensioni più sottili quali l'intuizione e la percezione sensoriale, è arrivato a mettere in analogia la Pietra Filosofale con il Sé, inteso come la spinta innata che c’è in ogni individuo (dal latino, non diviso) a compiere se stesso, ad accogliere la sua Totalità, a dare vita a ciò che è già latente alla nascita e che deve essere semplicemente riconosciuto ed accolto nella sua specificità.
Scrive Jung in “Ricordi, sogni, riflessioni”: “Occupandomi delle mie fantasie, cominciai a supporre che l’inconscio si trasforma o determina trasformazioni. Solo dopo che l’alchimia mi fu divenuta familiare capii che l’inconscio è un processo e che la psiche si trasforma o si sviluppa a seconda della relazione dell’io con i contenuti dell’inconscio. Attraverso lo studio dei processi individuali e collettivi di trasformazione e grazie alla comprensione del simbolismo alchimistico, pervenni al concetto centrale della mia psicologia: il processo di individuazione".
Ma l'intuizione junghiana puntava a conclusioni soprattutto spirituali perchè vedeva in questa ricerca di Verità individuale il contemporaneo compiersi dell'Opera Divina, il prerequisito alla sua realizzazione: “(Nella formulazione cristiana) l'uomo attribuisce a se stesso il bisogno di essere redento e trasferisce sulla figura divina l'opera di redenzione, il vero e proprio “opus”; (Nella formulazione alchimistica) l'uomo si assume il dovere di “compiere l'opus”, attribuendo lo stato di sofferenza e dunque il bisogno di redenzione all'”anima mundi” imprigionata nella materia; l'attenzione dell'alchimista dunque non verte sulla propria redenzione per grazia di Dio, bensì sulla liberazione di Dio dalle tenebre della materia”.

Gli stadi del processo alchemico quindi, graduali ed estremamente rigidi nella loro successione non sono che l’esatta metafora del percorso junghiano di “ricomposizione degli opposti” che si agitano all'interno della psiche e che si devono integrare per permettere all'Io cosciente di trasformarsi in Sè, all'ombra di trasformarsi in luce, così come il metallo vile si fa oro.
La psiche, naturalmente spinta verso questa Totalità, il Sè junghiano che è archetipo di completezza, fa sì che la coscienza resa torbida dalle passioni e dagli attaccamenti, dai condizionamenti e dalle cariche energetiche distruttive, nonché dalle spinte collettive coscienti ed inconsce che hanno dominio sull’Io e ne bloccano l’individuazione, sia chiamata dall’inconscio personale a rientrare in contatto con la sua Totalità, ricomponendo le dualità interne e permettendo la nascita di uno stadio conclusivo dell'essere totalmente rigenerato, purificato e trasformato.

E' così che il laboratorio dell’alchimista, con il suo Athanor, il crogiuolo alchemico, diventa la metafora di un viaggio interiore di trasformazione, dove si può operare una riunificazione con la propria anima attraverso l’integrazione degli opposti psichici, la coniunctio oppositorum che era il fine ultimo e tutto spirituale dell'alchimia: maschile e femminile, conscio e inconscio, attivo e passivo, luce ed ombra, Yang e Yin, Logos ed Eros, Animus e Anima vengono accolti nella loro sacra ambiguità per essere innanzitutto visualizzati, separati e quindi elaborati per compiere lo stadio finale, ciò che Jung definiva “il farsi totale dell'uomo psichico”.

In “Ricordi, Sogni e Riflessioni” leggiamo: “Notai ben presto che la psicologia analitica concordava stranamente con l’alchimia. Le esperienze degli alchimisti erano, in un certo senso, le mie esperienze, e il loro mondo era il mio mondo, avevo trovato l’equivalente storico della mia psicologia dell’inconscio. Ora essa aveva un fondamento storico”.

Murray Stein, psicoanalista junghiano, membro dell'Associazione Internazionale di Psicologia Analitica, nel suo “Il principio d'individuazione”, ci ricorda come fu proprio il processo alchemico della separatio quello che diede impulso al personale percorso d'individuazione di Jung. Alcuni suoi viaggi geografici infatti, come quello di tre mesi che fece in Africa, lo aiutarono a comprendere meglio il bisogno imperioso di differenziazione dagli schemi collettivi, attraverso la necessità di operare una separatio dalla cultura europea, per poter pervenire alla coniunctio con la specificità della sua natura.

L'immaginazione attiva.
Nel suo “Jung e l’immaginario alchemico”, Jeffrey Raff, analista junghiano si diffonde sull’importanza della funzione simbolica nella pratica dell’alchimia, capace di accompagnare l’alchimista durante il viaggio di creazione dell’Oro filosofale.
Attraverso l’elencazione e l’illustrazione dei vari emblemi, l’autore insiste sull’importanza del simbolo e dei sogni per accedere al pozzo immaginativo dell’inconscio collettivo, per interagire con immagini arcaiche spontanee, con figure di sostegno che possono aprire alla funzione intuitiva della mente, la Funzione Trascendente, che fa da ponte per permettere alla coscienza di trovare nell’inconscio le risposte più appropriate a molte tensioni, paradossi e contraddizioni che coabitano nell’animo umano.

Il metodo dell’Immaginazione attiva infatti, applicato al mondo onirico per esempio, punta su un dialogo immaginale tra l’Io ed i contenuti dell’inconscio, sull’ascolto di alcune parti che chiamano per essere riconosciute, non rifiutando ciò che emerge come irrazionale o incomprensibile, ma accogliendolo ed interagendo simbolicamente con esso. Assumendo una posizione attiva che permetterà di raggiungere un piano intermedio di confronto immaginale, non del tutto conscio né solo inconscio, si potranno anche visualizzare e dipanare i contenuti opposti che provocano agitazione e tentare di riequilibrarli in una sintesi completamente nuova, sciogliendone la tensione.
Grazie all’immaginazione attiva, alla quale si può accedere anche grazie alla meditazione, si possono approfondire lati della propria natura collegati ai vari archetipi e scoprire in se stessi la capacità di riconoscere quale attivare in quel momento dell’esperienza e quale mettere a tacere. Solo attraverso la Funzione Trascendente, si può giungere ad una visione “alta” che permetta anche di operare una scelta che non sia collegata solo a valutazioni razionali o interpretazioni personali, tanto meno a schemi collettivi che bloccano o rallentano il bisogno innato di completezza, ma alla propria sapienza profonda che è contenuta soltanto nel Sé.

E’ molto bella a questo proposito la distinzione che Raff fa tra fantasia ed immaginazione attiva, così come leggiamo dal libro: “L’immaginazione, trascendendo l’Ego, è il mezzo col quale l’anima fa esperienza di Dio e partecipa dell’espressione creativa del Divino. La fantasia invece non trascende mai l’Ego; in quello che si fantastica (il raggiungimento di ricchezze o il successo nel lavoro, ecc.) non si contatta lo Spirito interiore, c’è solo la messa in scena di desideri dell’Ego, di un’immagine dopo l’altra per trastullarsi, divertirsi o anche spaventarsi: l’Ego è sempre la star dello spettacolo. Nell’esperienza immaginativa, invece, l’Ego incontra “l’Altro”, deve trascendere le proprie idee ed avventurarsi nell’ignoto. E’ per questo che, se la fantasia dà spesso luogo a delusione, inflazione e stagnazione, l’immaginazione dà vita ad intuizioni, a trasformazioni vere e proprie. Senza l’aiuto delle forze immaginative, non c’è alcun modo per arrivare al Sé”.

Marte in alchimia.

Tra i vari archetipi che incontriamo nel viaggio alchemico di trasmutazione dei metalli vili in oro, un particolare significato assume Marte non solo nell’ultima fase del processo di trasformazione dei metalli vili in oro, lo stadio dell’Opera al Rosso, la Rubedo, ma in tutto il percorso simbolico in qualità di fuoco purificatore, capace di trasformare gli istinti e i sentimenti irredenti in energia creativa che è presupposto indispensabile per arrivare alla realizzazione della coscienza spirituale.

Nella Rubedo in particolar modo, la “coscienza di sé” venusiana, principio femminile d'amore (Eros) incontrandosi con Marte, principio maschile di forza e volontà (Logos), diventa “coscienza di relazione”, trasformando ed elevando la libido, l’energia psichica che spinge l’Io, metallo vile a ricongiungersi col Sé, oro vivente, la “terza materia”, la Pietra Filosofale.

Ciò significa anche che nulla potrebbe la Venere dell’Albedo se non ci fosse il contributo indispensabile e conclusivo del Marte della Rubedo, in quella fase chiamata “ignificazione della luce astrale”, dove il pianeta non solo assume il simbolo di principio maschile che si deve incontrare con quello femminile, ma anche di forza ignea di de-materializzazione, un fuoco sacro la cui sapiente utilizzazione accompagnava passo dopo passo l’intera Opera alchemica, fino alla trasformazione finale.

Infatti, il fuoco interveniva sulla “prima materia” sia nel processo di dissolvimento graduale del metallo, sia in quello di coagulazione e composizione di una nuova forma, grazie al sapiente uso della fiamma che l’alchimista controllava, dosandone la forza sotto il crogiolo. Il fuoco, infatti, doveva essere sapientemente calibrato e attentamente seguito a che non si verificassero picchi di calore, né all’opposto, lo spegnimento, pena il fallimento dell’intera Opera.

Di primaria importanza quindi il ruolo di Marte nell’Opera alchemica, associato sia al ferro, come metallo proveniente direttamente dalle stelle (sider), che al fuoco, per il suo fondamentale ruolo di agente purificatore, nonché principio spirituale per permettere alla Pietra di rivelarsi.

La calcinatio alchemica.

In chimica, la calcinazione consiste nel portare un solido a temperature molto elevate per farne uscire la parte liquida che in tal modo volatilizza, lasciando come risultato una polvere secca simile a cenere.
La calce viva è un esempio calzante di calcinazione: si riscalda la roccia calcarea (CaCO3) o la calce spenta (CaOH2) per arrivare alla calce viva (CaO), chiamata così perchè, aggiungendovi acqua, si sprigiona calore.
Ecco perchè, secondo gli alchimisti, la calce era equiparata al fuoco. Leggiamo nel Rosarium philosophorum, un testo alchemico del XIII secolo: "Calcinazione significa riduzione sotto forma di cenere bianca o terra o calce bianca per mezzo dello spirito dell'operazione, la quale riduzione avviene per mezzo del nostro fuoco".

Secondo il pensiero junghiano, il fuoco simboleggia la libido, l'energia psichica che si genera quando emozioni discordanti o paradossali generano sofferenza e frustrazione all'interno della psiche ed il conseguente bisogno di trascenderle riunifica gli opposti.

Il fuoco della libido quindi è un fuoco sacro perchè, mentre brucia ed alimenta i sentimenti inferiori e i desideri istintuali, contemporaneamente spinge la psiche verso la loro purificazione, così come dalla calce viva si ottiene l'alchemica la bianca terra fogliata, promuovendo il passaggio dalla Nigredo all'Albedo.

Marte in Astrologia Umanistica.

L’Astrologia Umanistica si differenzia dall’Astrologia tradizionale perché si rifà direttamente alla filosofia di Jung sia per il “percorso d’individuazione dell’Io”, compendiato dalla carta astrale di nascita nella sua totalità, sia per la possibilità di rintracciare nei simboli planetari dei modelli comportamentali di riferimento, immagini arcaiche preesistenti all'Io stesso, avvicinabili agli “Archetipi dell’inconscio collettivo”, attraverso i quali l’individuo ha la possibilità di conoscersi e rintracciare in se stesso le risorse energetiche di cui dispone e servirsene nell’esperienza di vita.
I pianeti infatti non influenzano in nulla la vita dell’uomo, sono semplicemente il riflesso dei bisogni coscienti ed inconsci che sono già dentro di lui e che lui stesso vuole esprimere per compiere se stesso. Attraverso l’analisi del Segno Solare, che può dare già ottime informazioni generiche e collettive, si può ottenere un esame più dettagliato e personalizzato analizzando tutti gli altri pianeti, in che Segno transitavano al momento della nascita e che tipo di scambi facevano tra di loro e con quel Sole, riuscendo così ad ottenere un profilo astrologico e psicologico, capace di illuminare le personali specificità.
Ma secondo l'astrologia umanistica lo strumento astrologico non potrà mai farsi esatto o infallibile perchè ci sarà sempre quella variabile, quella particolare condizione in cui si trova la persona in quel momento della sua vita a garantire la possibilità di utilizzare la carica energetica di cui dispone fin dalla nascita in maniera personale, anche del tutto innovativa rispetto alla modalità che la tradizione assegna ad un particolare aspetto planetario, una modalità che non può essere fissa, ma in linea con il divenire stesso della persona, con il grado di evoluzione raggiunto e soprattutto con il progetto spirituale che la sua anima intende realizzare. Ma anche in linea con “l’aria dei tempi” e cioè con quello che l’umanità intera sta sperimentando a livello cosciente ed inconscio sul piano collettivo e che sente risvegliarsi dentro di sé per allinearsi al grande progetto universale che unisce il Creato ad ogni creatura, naturalmente ed automaticamente spinta a ricongiungersi col Principio Divino.
Anche nell’immaginario alchemico i pianeti e le stelle avevano un ruolo fondamentale; secondo Paracelso, grande medico e alchimista svizzero della fine del ‘400, proprio attraverso il simbolo e l' “immaginazione attiva”, l’alchimista aveva “il potere di moderare i cieli, muovendosi da stella a stella”, diventava egli stesso “stella” e quindi poteva liberarsi dai vincoli del destino, autodeterminarsi e soprattutto elevarsi spiritualmente.
Così come in alchimia, anche nella pratica astrologica, tutti i pianeti che ritroviamo nel cielo hanno un valore simbolico, sono essi stessi Archetipi, sono modelli innati che daranno una coloritura particolare alla persona, definendola nel suo Animus, la parte maschile e attiva della sua natura e nella sua Anima, la parte femminile ricettiva; si potrà così comprendere meglio l'intero progetto esistenziale: ciò che la persona vuole realizzare (Sole), ciò che la fa emozionare (Luna), ciò che costituisce il suo bagaglio intellettivo e comunicativo (Mercurio), ciò che rappresenta la sua scala di valori ed il bisogno di vivere l’amore (Venere) e ciò che la spinge a mettere in atto un particolare comportamento per affermare la sua volontà (Marte).
Accanto ai pianeti così detti personali, ci sono quelli più lenti, espressione di ciò che la persona persegue per la sua crescita (Giove), ciò che la riconduce al senso di realtà e al limite (Saturno), ciò che le permette di evolvere e cambiare (Urano), ciò che la spinge verso un ideale spirituale (Nettuno) e ciò che rappresenta la sua capacità di trasformazione e di rinascita (Plutone).

I modelli archetipici che si generano sono strettamente collegati a quelli mitici degli antichi eroi.
Ares, il dio greco della guerra, è l'archetipo per eccellenza della forza fisica, che evolve e si trasforma gradualmente nel modello più maturo e completo del Marte latino.
Infatti, così come l’Ares greco era venerato come un dio invincibile perché dotato di una forza quasi bruta, mai domata dalla ragione; era un simbolo di furia che si faceva cieca e che lo trascinava in ogni battaglia con lo scopo di “lottare e basta”, per rispondere a un affronto o per un semplice bisogno di primato, alla lotta superiore e salvifica si associa invece il Marte latino che, se pur sempre divinità guerriera, era onorato dagli antichi romani come la massima divinità dell’Olimpo, perché non solo valente guerriero, ma anche dio della natura e della fertilità.

E' così che nel Marte latino l’archetipo mitico del dio della guerra si affina e per così dire si spiritualizza nell’intento delle scelte, che verranno orientate a lottare principalmente per cause giuste e superiori, più che per un utile solo personale, o per antagonismo, o semplice desiderio di vittoria sull’altro.

Lo stesso percorso evolutivo colto dal mito si ritrova anche nell'astrologia umanistica che si rifà direttamente al percorso d'individuazione junghiano e alla necessità di ricomporre gli opposti che scindono la psiche.
Il Marte astrologico, pianeta maschile di Fuoco, Signore dell’Ariete e dello Scorpione, simboleggia l'energia che fluisce dal dentro al fuori.
E’ quindi un archetipo strettamente collegato all’azione, all’attacco e all’affermazione, al coraggio e alla determinazione, all’impulso vitale stesso e il suo viaggio nei Segni di Fuoco illustra pienamente il passaggio simbolico che l’individuo dovrà fare per raggiungere uno stadio conclusivo di completezza, in cui la forza fisica non potrà avere alcun valore se non affiancata dalla forza morale, dalla capacità di lottare per i propri ideali con etica e senso del limite, perché si saranno illuminati anche gli obiettivi inconsci, lasciando andare ciò che non può aggiungere nulla all’emancipazione e soddisfazione personale, ma soprattutto al progetto spirituale che l'anima porta con sè.

Non a caso, il simbolo marziano è anche messo in relazione alla nobilitazione della forza fisica attraverso lo sport. Il sentimento d'unione e di superamento delle diversità, l'amore per la competizione che ha sempre presente il riconoscimento del limite, della giustizia e del merito, la capacità di rinunciare alla gloria personale se si persegue un risultato collettivo, sono strettamente collegati all'espressione più nobile del simbolo marziano, alla capacità di guardare all'avversario con rispetto e dignità perchè l'intento finale non è mai circoscritto alle soddisfazioni dell'Ego ma al riconoscimento che lo strumento sportivo sia soprattutto un mezzo d'elevazione dello spirito e dell'anima.

Il coraggio dell'archetipo marziano compiuto, da cor, cordis, cuore, non è mai velleitario o inconsapevole di ciò che giace nell'inconscio, degli intenti e delle istanze che guidano l'azione, ma strettamente collegato alla presa in carico, nel bene e nel male, delle scelte fatte.
Se la scelta in astrologia umanistica infatti è legata a Venere, pianeta femminile che orienta la scala di valori e stella polare per tracciare la rotta, Marte è l'azione diretta per conquistare la meta, è la capacità di interrogarsi per cosa e per chi si stia lottando, se per rispondere a schemi collettivi e modelli convenzionali, o per i valori personali suggeriti da Venere e dal proprio progetto evolutivo.

Segni e Sedi del Marte astrologico.

Queste fasi di perfezionamento e conquista interiore sono ben simboleggiate dalle tre sedi astrologiche del pianeta, il primo che incontriamo dopo la nascita, messa in relazione col Segno dell’Ariete, che dà il via all’intero viaggio zodiacale; è infatti Marte che spinge l’individuo ad affermare se stesso, a portare avanti la sua volontà e a difendersi quando sia messa a rischio la sua incolumità. Marte è simbolo del sangue che scorre nelle vene, della vita stessa che ci sprona ad agire e, proprio grazie al suo significato originario di “azione”, assume coloriture specifiche nei tre Segni di Fuoco, che possono essere associate al processo di fusione con l'antimonio che si praticava in alchimia: è fuoco primordiale in Ariete, simbolo dell’impulso all’azione e istinto di sopravvivenza (lo scoppio iniziale); è fuoco in pienezza in Leone, simbolo dell’azione affinata dalla forza interiore (la fiamma) e fuoco dello Spirito in Sagittario, dove l'azione si fa prospettica e lungimirante, perché sono stati integrati il valore della rinuncia e quello dell'attesa (i carboni sotto la cenere).

Allo stesso modo, fondamentali sono le Sedi in cui Marte fa sentire la sua azione evolutiva: infatti nasce in Ariete come simbolo d’impulso cieco ed irrazionale, si affina nel Segno dello Scorpione dove è spronato a confrontarsi con la propria umanità e si compie nel Segno del Capricorno, simbolo della forza interiore raggiunta ed ultima tappa del viaggio marziano.

Per arrivare a questo stadio, equiparato a quello finale della Rubedo, l'archetipo deve attraversare proprio la fase della citrinitas, in astrologia messa in relazione al passaggio dall'Acqua profonda dello Scorpione al Fuoco che arde sotto la cenere del Sagittario, il Segno che precede la tappa finale (esaltazione) del viaggio marziano, il Capricorno, il Lapis che si rivela.
Scrive Patricia Yahil in "The Alchemical Engravings of Mylius" (Le incisioni alchemiche di J. Daniel Mylius): "Il fermento di quest'acqua divina è cenere, che è il fermento dei fermenti".

In astrologia è questo il passaggio "chiave" che permette all’anima di accedere agli stadi superiori della ruota zodiacale: dal Capricorno all'Acquario, fino all'ultimo Segno dei Pesci, che chiude il viaggio astrologico.

L'esaltazione di Marte nel Segno di Terra del Capricorno, la bianca terra fogliata, conferma l'importanza di seguire passo dopo passo ciò che i tre segni di Fuoco stanno a significare: il Capricorno, Segno di Saturno e Urano, è il pianeta preposto ad illuminare le verità interiori, a far sì che l'interno (ciò che si pensa e si sente) coincida con l'esterno (ciò che si dice e si fa); è grazie a Saturno/Lapis e al suo ricondurci alla nostra essenza specifica e peculiare che possiamo anche prenderci la responsabilità delle scelte fatte, così come indicate da Venere/Albedo ed affidate, per la loro realizzazione, a Marte/Rubedo.

Così come il fuoco risultava essere la componente più importante nel processo alchemico per pervenire allo stadio conclusivo, anche nell'astrologia umanistica il Fuoco di Marte arde e forgia l'anima, la tempra e la rafforza nelle prove, la incoraggia e la guida nella conquista, la purifica e sacralizza le sue scelte fino al traguardo finale che sprigiona lo Spirito.

“La pietra filosofale” di Lambsprinck.

Per spiegare le molte analogie che potrebbero esserci tra il Marte alchemico e quello astrologico, si possono osservare alcune stampe che fanno parte del libro dell’alchimista Lambsprinck, “La pietra filosofale”, pubblicato diverse volte tra la metà del ‘600 e gli inizi del ‘700.
Le stampe sono riportate ed interpretate da Jeffrey Raff nel già citato “Jung e l’immaginario alchemico”, dove l’Autore collega le esperienze immaginative degli alchimisti al percorso d’individuazione junghiano, ma anche alla forza spirituale di questo percorso, specchio della tensione innata dell’animo umano verso il Divino.
Sappiamo infatti come gli alchimisti fossero fortemente convinti dell’importanza del simbolo e del ruolo immaginativo come guida nella realizzazione dell’intera Opera ed è per questo che si servivano di dipinti, raffigurazioni, stampe che loro definivano “emblemi” e che potevano fornire una guida, una mappa dove ritrovare i passi fondamentali dell’Opera e quindi, nella loro intenzione di elevazione della coscienza, accompagnare la nascita dell’uomo spirituale.

Primo emblema: il viaggio nell’inconscio.

Il primo emblema che fa parte di una teoria di 15 stampe, richiama immediatamente non tanto la prima sede di Marte, l’Ariete, primo Segno del viaggio zodiacale, ma l’ultimo, quello dei Pesci, che l’astrologia umanistica junghiana collega all’inconscio collettivo, perché il viaggio di individuazione è soprattutto un viaggio di differenziazione dai valori collettivi, coscienti ed inconsci, che possono condizionare ma anche promuovere, per la spinta ad illuminarli, lo sviluppo del Sé.

La stampa ci illustra una scena marina in cui sono raffigurati in primo piano due pesci che nuotano in direzione opposta, così come nel glifo del Segno, in uno specchio d’acqua su cui si affacciano una città sulla destra ed un bosco sulla sinistra, mentre una nave solca le acque al centro della stampa.

Anche Jung si concentrò sul significato dei Pesci astrologici; in “Aion”, “The Historical Significance of the Fish” scrive: “Il segno ha a che fare con la tensione fra gli opposti e la necessità di trovare un giusto mezzo per riunirli”.

In astrologia, il Segno d'Acqua che fronteggia quello di Terra della Vergine, mette l'accento sulla possibilità di ricomporre le spinte polari di queste due energie, emotiva quella d’Acqua e razionale quella di Terra legandole tra loro, così come un filo impercettibile mantiene uniti i Pesci astrologici, se pur orientati in direzioni contrarie.

Il primo emblema quindi, è posto in relazione all’inizio dell’Opera alchemica, in cui la mente conscia simboleggiata da un pesce e quella inconscia dall’altro si dovranno riunire in una totalità onnicomprensiva, così come si dovranno collegare anche le altre duplicità presenti nella stampa. Infatti, per gli alchimisti, “il contenitore” doveva diventare “contenuto”, mentre nell’immagine della foresta su di un lato, simbolo dell’inconscio e della città sull’altro, simbolo della mente conscia, non c’è ancora contatto.

La barca tra le acque rappresenta l’Io che inizia il suo viaggio d’individuazione in un contesto in cui non c’è ancora la consapevolezza del Sé, ma nemmeno l’identificazione con uno dei due poli. L’unico modo quindi per accedere all’inconscio e trovare una possibilità di scambio con lui è riconoscerne l’esistenza, non identificandosi soltanto con la mente conscia razionale che istintivamente rifiuta il contatto.

Ma anche il Sé cerca la ricongiunzione con l’Io perché sa che solo il lavoro cosciente, paziente ed accurato dell’Io può permettere la sua trasformazione da “Sé latente” e cioè sopito ed involuto in “Sé manifesto”; è per questo che ha bisogno dell’energia psichica degli opposti, che devono essere innanzitutto riconosciuti e quindi separati per permettere all’Io e al Sé di riunirsi in una terza dimensione, l’ “in der mitte” junghiano, in cui è possibile l’integrazione.

Il viaggio nel mare dell’inconscio quindi, è possibile ed affrontabile dalla barca/Io, solo nel caso si abbia la volontà di collocarsi nel mezzo, aprendosi alla conoscenza anche di ciò che spaventa perchè ignoto, così come si può temere un bosco fitto ed oscuro perché non lo si conosce, ma si intuisce che porterà all’unica via possibile, perchè una via di libertà e verità.

Secondo emblema: L’azione dell’Io. Marte in Ariete, Marte in Leone.

Il secondo emblema rappresenta una scena in cui un guerriero sguaina la spada per difendersi ed abbattere un drago che lo sta minacciando: è l’Io che si è spostato nell’inconscio e cerca di fronteggiarlo e il guerriero che dovrà battersi con lui ha tutte le caratteristiche del Marte in Ariete, coraggioso ed imprudente nello slancio in avanti, anche se attrezzato di scudo, spada, elmo e corazza.

In astrologia il cavaliere/Io diventa il guerriero intrepido e coraggioso del Marte in Ariete, ma forse anche simbolo del passaggio dallo stato istintivo dell’essere marziano verso quello più riflessivo e consapevole del Marte in Leone, dove il guerriero diventa l’eroe, disposto ad affrontare il nemico con quella naturalezza e coscienza dei propri potenziali che distingue il Marte in Leone quando si compie. Se infatti Marte in Ariete è soprattutto istintivo perché deve dare il via al processo vitale, il Marte in Leone aggiunge al coraggio qualità di determinazione e di metodo, è il principio di Logos del Sole, dove lo scontro con l’avversario non è più solo dettato da una reazione all’altro, ma dalla capacità di scegliere razionalmente ed individuare le mosse giuste che permetteranno la vittoria, compresa l’accettazione di possibili sconfitte sulla via o la revisione di interpretazioni e convincimenti escusivamente personali che si son fatti rigidi ed arbitrari.

La stessa spada che il cavaliere sguaina con fare minaccioso contro il drago assume il valore di “acutezza della mente” che riesce ad affrontare il caotico mondo dell’inconscio grazie alla saldezza interiore ed al discernimento razionale; qui l’inconscio ed il Sé latente hanno bisogno della forza razionale della mente, della sua capacità di discriminare e spezzettare i vari contenuti psichici, sciogliendoli, per permettere loro di ricomporsi in una forma nuova, non separata e totalmente integrata (solve et coagula).

Ma si potrebbe trovare anche un’altra lettura in questo bellissimo emblema: il cavaliere indossa elmo e corazza, è equipaggiato di tutto punto forse per simboleggiare le difese che la mente conscia deve mettere alle irruzioni dell’inconscio come prima reazione al contatto. Il terrore di essere sopraffatto da queste forze, caotiche ed irrazionali deve essere compreso e mai sottovalutato dall’Io, che deve anche evitare di barricarsi dietro un eccesso di difesa, di organizzare strategie razionali per impedire l’incontro, quando solo dall’incontro tra conscio e inconscio è possibile la trasformazione ed il raggiungimento della completezza.
Non è un passaggio facile questo per l’Io, perché prevede anche una spoliazione e cioè la perdita di tutte quelle barriere mentali ed argomentazioni logiche che la ragione mette a difesa dell’immagine che l’Io ha di sé e che devono essere abbandonate o ridimensionate per permettere l’integrazione.

Solo così, nell’attimo in cui il drago-inconscio muore o si arrende alla coscienza, è l’Io stesso che fa morire una parte dell’identità precedente perché possa avvenire la nascita di uno stadio superiore dell’essere.
E’ per questo che il drago rappresenta sia l’inizio della “prima materia”, sia la possibilità del suo compimento, “la terza materia”, in cui il Sé latente si è trasformato in Sé manifesto.

Quinto emblema: La morte dell’Io, Marte in Scorpione

Il quinto emblema ci presenta una scena violenta, dove due animali, maschio e femmina, si stanno aggredendo per uccidersi e vincere l’uno sull’altro.
Si tratta del simbolo della lotta tra gli opposti, rappresentata come un’esperienza di violenza e smembramento, di sangue e morte.
Ma che il percorso stia avvenendo così come è giusto che avvenga è espresso dall’immagine del ponte che compare sullo sfondo della stampa, che sancisce l’avvenuta unione tra i due mondi, non più divisi ma in contatto tra loro, anche se non ancora integrati.
Marte in Scorpione trova, a mio avviso, in questo emblema tutta la forza e la potenza dell’archetipo che rappresenta: è il Fuoco vulcanico che trova appoggio nell’Acqua profonda di Plutone e si allea con la Terra di Mercurio che, in qualità di Psicopompo, agisce da ponte per permettere alla coscienza l’incontro con l’inconscio, la difende dalle irruzioni caotiche ed irrazionali e le dà quell’appoggio lucido e discriminatorio dell’energia di Terra, quando è necessario che Fuoco ed Acqua entrino in contatto, senza che l’uno prevarichi l’altro e lo metta a tacere.

Decimo emblema: rinascita dell’Io, Marte in Sagittario.

Il decimo emblema ci presenta una salamandra spinta nel fuoco da una figura maschile, così come maschile è il Segno del Sagittario, retto da Giove e Nettuno.
La salamandra è il simbolo delle ceneri vive del Marte in Sagittario, l’ultimo che chiude il viaggio dei tre segni di Fuoco.
E’ qui che l’energia di Fuoco, dopo essersi incontrata con l’Acqua del Segno precedente, si è spiritualizzata, toccando l’Eterno.
La salamandra, pur bruciando, non si consuma, ma anzi dal fuoco è alimentata; è per questo che in astrologia simboleggia la fase liberatoria che decreta il passaggio dall’ottavo al nono settore dell’Oroscopo, dalla paura al vero coraggio, dalla fine alla rinascita, dopo che si siano stati elaborati nella sede Scorpione i desideri e gli istinti primari dell’Ego, perchè non si è avuto timore di riconoscerli e confessarli.

Jung ci riporta nel suo “Studi sull’alchimia” quanto scrive un anonimo alchimista”: “La nostra Pietra è nel fuoco astrale, che simpatizza col fuoco naturale e, come la salamandra, nel fuoco naturale nasce, si nutre e cresce”.
Si tratta quindi di uno stadio che precede la terza coniuncio, dove il contatto col fuoco vivifica e non distrugge, così come il Fuoco del Sagittario orienta e spinge la freccia del Centauro verso conquiste spirituali, possibili solo dopo essersi incontrati con la materia e l’umanità della fase Scorpione.

Nono emblema: l’integrazione Io/Sé. Marte in Capricorno.

L'ultimo emblema da me trattato, il IX nel libro di Lambsprinck, ci presenta un re, seduto sul trono, all’interno di un tempietto, con un globo nella mano destra ed uno scettro in quella sinistra, una figura che può evocare il Marte che si compie: il Marte in Capricorno, Signore del decimo settore dell'oroscopo.

La figura è in posa ieratica e poggia i suoi piedi sul drago, ormai domato e non più temibile, mentre sul trono è presente anche un pesce, perché dal simbolo dei due pesci era iniziato il viaggio alchemico, che si è ora compiuto con la coniunctio oppositorum.
Sullo sfondo, non c’è più traccia del bosco, ma di case ben organizzate, collegate da un ponte, simbolo riconfermato della ricongiunzione avvenuta tra conscio e inconscio, che ormai possono essere gestiti ed amministrati dall’Io perché si è incontrato col Sé.
Per salire al trono, sette i gradini che ricordano i sette stadi dell’Opera alchemica, i sette metalli e i sette pianeti fino a Saturno, tempo lineare che ci invita ad usare al meglio l’esperienza di vita, anche se la ruota che si vede sul trono può rimandare al tempo ciclico delle religioni orientali.

L’autorevolezza, il buon governo, la saggezza e la padronanza delle proprie emozioni che è facile attribuire a questa figura regale e spirituale, non possono che parlarci del Marte in Capricorno che chiude il viaggio evolutivo di questo pianeta, nella Casa di Saturno, il finitore di ogni cosa.
Il re è la stessa Pietra Filosofale che, dopo aver attraversato le tappe della purificazione e sublimazione, è simbolo dell’avvenuta trasformazione, del nuovo stato dell’essere: è il Tempio di Dio.

Allo stesso modo, il Marte che si compie in Capricorno ha visto nobilitarsi via via tutti i passaggi astrologici che lo vedono nascere nel Segno dell’Ariete, col suo bisogno imperioso d’individuazione; passare attraverso la fine di tutto quanto non può essere utilizzato e trasformato nel Segno dello Scorpione, per approdare all’esaltazione nel Segno di Saturno ed Urano, dove il vecchio si è integrato col nuovo; dove l’energia fisica e sessuale, nonché l’aggressività sono state trasformate, perché sono stati trasformati e sublimati gli aspetti inferiori che fanno parte dell’umana natura, indispensabili perché possa avvenire il necessario cambiamento e perchè la vocazione e tensione al Divino spingono l’individuo a migliorarsi, grazie all’atto di riconoscimento, di perdono ed accettazione della sua Totalità, che non ha avuto timore di fare.

Chi abbia la fortuna di riflettere sulla sacralità del simbolo marziano, purificandolo della parte più materiale che spinge soltanto alla lotta e alla sopraffazione, può allo stesso modo discernere, attraverso la visione interna suggerita dallo Spirito, quando valga la pena combattere e quando no; quando sia giusto lottare e quando ritrarsi dalla battaglia; ma soprattutto ha imparato ad essere diretto nelle azioni che non scaturiranno più da una re-azione all’altro o da sterili strategie di difesa, né a produrre un effetto per ampliare il senso di sé, ma da un intimo convincimento di operare nel rispetto di ciò che gli suggeriscono non soltanto la testa e l’impulso, ma soprattutto lo Spirito ed il cuore.
Il viaggio marziano e l'intero viaggio astrologico invitano a riconoscere che solo la conoscenza completa della propria interezza può permettere all’individuo la nascita dell’ “homo novus” che è vivo dentro di lui, un individuo redento, sanato e purificato e che può finalmente contattare il suo fuoco creativo, la scintilla divina che vibra dentro di lui e che aspetta soltanto di essere accesa.

FRANCESCA PIOMBO