Centro Studi Ermetici Alchemici

ALCHIMIA SELVATICA - LA VIA DEL RISVEGLIO ATTRAVERSO LE ARTI MAGICHE DEL BOSCO

Quando si incontrano uomo ed albero scatta molto spesso qualcosa di prossimo alla complicità. L’albero si fa scala vegetale ed offre il proprio corpo per salire. È un invito fatto a pieno di spirito, un impulso alla conquista. L’uomo accetta di farsi un po’ più aria che terra, flette i suoi tendini, spinge lo sguardo verso l’alto. E contemporaneamente ringiovanisce, e uomo e albero sorridono. Portandosi in quota l’uomo si carica di tensione, si allontana da un magnete. Lo sfida. Sa che quel livello non gli appartiene e sente di aver osato. Il basso si fa voragine, l’alto si fa vertigine. La corda è tesa verso lo stacco. A quel punto l’albero converte il suo invito da salire a sostare. Lo spirito muta in anima e da verticale ed ascendente diventa orizzontale e statico. I rami avvolgono l’uomo, offrendogli protezione con fronde di foglie. Lo nascondono. L’altezza si fa caverna, la luce ombra. L’uomo accetta di nuovo e arresta la sua salita. Si accosta un po’ di più all’albero cercando sicurezza, ma nel frattempo esplora. Lo sguardo cade furtivo con prospettive nuove. L’albero si stringe su di lui. Un calore differente riscalda il suo torace. Ora è una freccia carica tenuta in bilico tra due esistenze. Una mano invisibile lo ha spinto oltre il suolo e la stessa mano gli propone di osare ancora. L’albero interviene di nuovo, ricordando all’uomo la sua appartenenza. Puoi salire, puoi sostare, ma poi devi scendere. Non può andare oltre. La scala mostra il suo ultimo gradino e non è lunga quanto vorrebbe l’uomo. Una lunghezza utile ad esplorare, ma non a superare sé stessi. Con il giusto tempo l’uomo infine scende. Nell’incontro si alternano quindi un uomo che si fa bambino ed infine anziano ed un albero che si fa prima bambino, poi madre ed infine padre. Nell’abbraccio tra madre e bambino, l’albero è un autentico grembo dinamico che protegge ma permette alla vita in custodia di nutrirsi ed interagire con l’ambiente esterno. Il bambino può allungare le proprie braccia, toccare e conoscere, ed allo stesso tempo le braccia della madre possono allungarsi e dare al bambino vedute differenti.

Niente è più dinamico ed imprevedibile dell’incontro intimo tra un uomo e un albero. Quell’esplosione lentissima di un seme, coma la definiva Bruno Munari, scritta e programmata da una progressione divina precedentemente osservata da Fibunacci. L’albero è un codice, un archetipo, un simbolo. Un universo nell’universo. Approcciarlo e dialogare con lui significa creare qualcosa di nuovo. Apparentemente così distante, vegetale, immobile, tendenzialmente freddo. Eppure prossimo e vitale.
Dentro al nostro costato c’è un albero capovolto fatto di cellule animali. Il suo compito è quello di accogliere ossigeno e farlo passare lentamente al sangue. La parte destra del cervello, dalla sua quota irrazionale, invia impulsi costanti e continui all’organo chiamato polmone e a tutti i suoi muscoli accessori affinché l’aria entri ed esca. La respirazione è un atto prevalentemente involontario. L’ossigeno ci arriva da una struttura viva che ha la stessa forma e si sviluppa seguendo un identico modello frattale: la pianta. Pianta e uomo sono legati in termini vitali. Intimamente. Ma la pianta vive anche senza l’uomo, l’uomo senza pianta non è neanche concepibile. Quello che portiamo nel costato è quindi un marchio che identifica un’appartenenza. L’uomo appartiene al bosco.
Ma non è solo sopravvivenza, è anche sopravvivenza. Per chi non cerca, l’albero c’è, è presente e disponibile. Il suo atto metabolico si incastra perfettamente a quello animale, potremmo quasi intenderlo un atto unico: ossigeno e anidride carbonica come sinapsi nella manifestazione terrena.

Per chi invece cerca, per chi sostiene e alimenta un Fuoco di Conoscenza, l’albero e ancor più il bosco si fa portale, luogo di passaggio. Da archivio vivente di tutto il passato evolutivo dell’umanità, il “popolo vestito di verde” si offre come via trascendente. Viaggio e viatico allo stesso momento.
Lasciati scegliere! Apri il tuo cuore con un respiro che si fa germoglio e lasciati scegliere. In un punto preciso di un bosco si accenderà un magnete e ti sentirai chiamare. Non sarà una semplice voce che pronuncia il tuo nome ma una sete che riconosce la propria acqua, e un filo invisibile andrà in tiro. Non sarai più padrone di te stesso all’istante, tornando a sentire di appartenere a qualcosa che in un modo o nell’altro ti avrà. Cedi subito se puoi, proietta subito il tuo battito là. Fatti luce e allungati con un pensiero che è pulsione e immagine. Renditi subito magico!.
Un collaboratore che una volta approcciato si fa complice, una guida che facendosi scegliere conduce nelle intimità di chi lo ha scelto. E’ proprio l’azione esplorativa, il cercare, la conferma dell’accordo fatto tra l’uomo e il bosco in una dimensione atemporale. Sta proprio nella reciproca attrazione l’essenza speculare, la dinamica attrattiva di polarità opposte, il tendere a ricongiungersi a parti apparentemente esterne.

Ogni bosco si raggiunge varcando un portale che è tutta la superficie esterna che lo separa dal resto. Ha forme ovunque differenti ma carattere unico. In qualunque posto lo approcci incontrerai una insegna muta che recita una sola parola: entra! Il bosco ti accoglierà sempre con un imperativo, sempre un invito a congiungerti. Ringrazia di nuovo e sosta qualche istante prima di procedere. Poniti eretto e a braccia distese. Tieni il mento alto, lasciati guardare in volto. Fatti riconoscere. Di fronte a te si erge il popolo antichissimo. Il Padre e la Madre di ogni singolo respiro, il depositario di tutta la memoria dell’umanità, punto di inizio e termine. Sosta e chiedi anche al tempo di farlo per un po’. Allenta il più possibile il palmo delle mani, espanditi in aria ed in terra. Radicati ed indica con la mente il cielo. E resta in silenzio, fermo con lo sguardo oltre quella linea. Stendi l’addome e porta quella staticità nei tuoi polmoni. Accoglila animando gli alveoli più prossimi all’emozione. Fonditi nell’accordo dell’entrata e dell’uscita. E dal basso una pressione salirà al tuo cuore e sentirai battere. Con ritmo. Con cadenza. È un battito che giunge da ogni singolo tronco, è un battito di ogni foglia, di ogni ramo decomposto, di ogni insetto e forma viva. È un battito unico in ogni cosa. E ti sta dicendo che sei tornato a casa. Ora, indipendentemente dal suolo, ogni passo sarà un passo in profondità dentro di te.

Michele Giovagnoli

Alcune parti dell'articolo sono tratte da “Alchimia Selvatica - Arte di Essere Edizioni” reperibile a questo link: http://www.ilgiardinodeilibri.it/libri/__alchimia-selvatica.php?id_wish=... Nel testo è presente anche uno scritto di Giorgio Sangiorgio dal titolo “La sperimentazione alchemica”.