Centro Studi Ermetici Alchemici

I MODELLI OPERATIVI ALCHIMICI

Per il vero, l’alchimia si propone come disciplina del tutto naturale secondo l’adagio “vincere Natura secondo Natura”, ove il “vincere” ha da intendersi nel senso di “andare oltre” il fare della Natura, di per sé ripetitiva, pur naturalmente.
In altre parole, l’Alchimia è opera dell’uomo che porta a perfezione ossia a compimento il lavoro della Natura.
Perciò come “chi semina orzo raccoglie orzo così chi semina grano raccoglie grano” e come “cane genera cane, leone leone, uomo uomo”, così solo oro può produrre oro e solo argento argento.
Ma se la Spagiria (nome dato da Paracelso alla sua chimica medica basata sull’Alchimia) può dirsi ava della moderna chimica, la Crisopea e l’Argiropea, quali arti della fabbricazione dell’oro la prima e dell’argento la seconda, sono due momenti tipici dell’attività alchimica, sol che l’oro e l’argento di cui dispone l’artifex per l’Opera sua non sono quelli “comuni” e vanno, peraltro, “purificati” per estrarne il loro principio – la loro quintessenza – l’estrazione della quale è possibile solo dopo loro specifiche “soluzioni”, in conformità alla norma: “i corpi agiscono se soluti”.
E così che dall’Oro e dall’Argento (“Materia lontana” dell’Opera) l’alchimista estrae Zolfo e Mercurio, l’uno principio, l’altro invece oggetto di formazione.
Chi profano neppur lontanamente sospetta che la “Materia Vicina” dell’Opera sia entro di sé, sia sé stesso, e va invece a cercare chi sa dove, quando null’altro avrebbe da fare se non seguire il monito: “noli foras ire, redi in te ipsum, rectificando invenies occultum lapidem”, che in parole approssimative ma giuste suona:
“non andare a cercare fuori di te, rientra in te stesso – portando a perfezione troverai la pietra nascosta” … la Pietra (il Lapis) che da grezza, lavorata, levigata, fatta “cubica”, diventa “filosofale”.
Secondo dunque un certo modello, la “Materia” ha da essere “purificata” per essere “preparata” per l’Opera vera e propria, e la “preparazione” consiste in ripetuti “lavaggi” fatti con acqua o con fuoco (“cotture”) per scioglierne ogni “spessore”.
Quanto detto, anzi scritto, virgolettando le tipiche espressioni di gergo, vale in Arte Lunga (o per “umore”), metodica che poco o tanto esige una fase di “purificazione” alla “preparazione” della Materia Operis.
In Arte Breve (o per “ardore”) o metodica spiccia – si fa per dire - non c’è preventiva “purificazione”, né si riscontrano fasi o operazioni interlocutorie, di passaggio, in vista del salto dal personale al trans personale, dall’anagrafico all’archetipico – se prima non salta l’operatore col suo “laboratorio” – cioè con tutto sé stesso.
Dall’idea della “purificazione”, viene il simbolismo degli “acidi” anche nelle figure di animali voraci (aquila, lupo, leone), nonché l’immagine del “vaso” o “uovo” in cui ha da essere conservata la Materia dell’Opera (Zolfo Mercurio Sale), perché muti “colore” (segno di trasformazione) e sia sottoposta a “fermento” e ad “aumento” per essere “solidificata” e “polverizzata”.
Donde anche una sceneggiatura del processo in termini di Regimi, in cui dopo uno di “dissociazione del composto” (misto umano) in una sorta di “mortificazione” si determina come un “lago” detto “mercuriale”, poiché l’uomo è visto come una configurazione del Mercurio quale Principio.
Alla prima fase o Nigredo succede quella dell’Albedo, durante la quale il “sottile” si separa dallo “spesso” e si porta – nell’immaginario alchimico – nell’alto del Vaso (che è lo stesso operatore) così da “evincere” nell’uomo la sua Eva e nella donna il suo Adam – rivestendosi l’artifex di un nuovo abito (“Veste di Gloria”) che in questo caso fa il monaco.
Nel canone alchimistico, se la Nigredo è impatto e confronto con l’Ombra – in termini psicologici col retroterra personale inconscio – l’Albedo è integrazione con l’Anima – in quanto presa di coscienza del proprio sottofondo animico.
In regime di Albedo, terra e acqua diventano aria, a voler correlarsi con altro modello dato nel canone della conversione degli elementi.
Terzo regime e relativamente terminale è la Rubedo, quando si attua la presa di coscienza della Coincidentia Oppositorum si da formare il Secondo Legno di Vita; come dire in equazione: il burattino Pinocchio diventa uomo - l’uomo diventa dio.
I menzionati regimi, anche detti Melanosi (innerimento), Leucosi (imbiancamento), Iosi (arrossimento) costituirono sino al XVI secolo la Quadripartizione della Filosofia in uno con la Xantosi o Citrinitas (ingiallimento); solo successivamente si trova menzionata la Viriditas (inverdimento) foriera dell’Albedo in luogo e a compenso della Citrinitas o Xantosi.
Dopo la Rubedo l’Opera consiste in una “Moltiplicazione” (elevazione a potenza) dello stato conseguito in una intensificazione, se così si può dire, dell’attività creativa.
Poiché la posta in gioco è sempre la stessa (trattandosi pur sempre del Mercurio – in stati diversi – soggetto ed oggetto e processo dell’Opera) considerata nell’ordine del Mercurio stesso quale Principio in atto, in “re” nella forma dei Metalli alchimici, di fatto consiste nella progressiva “Sublimazione del Mercurio”, da “crudo” in “preparato”, “animato”, “volatile”, “vivificato”, “digerito”, a “coronato” infine.
Ma le “operationes” secondo le quali è configurato il processo della sublimazione possono anche essere, in luogo di sette, nove o dieci o dodici e secondo serie diverse, non canoniche; il percorso insomma non è obbligato, come nello Yoga per lo svolgimento del potere igneo serpentino (Kundalini) dalla base della colonna sino al punto della sutura sigittale (ove i due parietali si congiungono) dall’uno all’altro dei sette Cakra.
Se però si mette a fuoco, non il Mercurio in sé, ma il suo momento metallico, ogni suo momento come stazione secondo cui l’Opus è ordinato, allora questo stesso è considerato quale “Trasformazione di Metalli” con correlativa distinzione di Sette Regni: di Saturno (piombo) di Giove (stagno) di Venere (rame) di Diana (argento) di Mercurio (mercurio) di Marte (ferro) di Apollo (oro).
Ermeticamente, piuttosto che in versione chimico – metallurgica – tipicamente alchimica- ove le operazioni si svolgono in una vicenda animata, certi modelli sono formulati in risvolto filosofico, anzi “filosofale”.
E’ in quest’ordine di idee il Settenario dei Regni che si mutua, nel senso della Esperienza delle Sette Forme della Manifestazione e della Intelligenza, nel mitema della Discesa agli Inferi, in una sorta di eco o di revival dell’itinerario negli Inferi (vedi il Libro di ciò che è nel Duat) del dio Sole - nella escatologia egizia – il cui percorso si svolge in 12 ore; ma il tema è lo stesso.
Però, poiché l’esperienza operativa è squisitamente individuale, l’alchimista – ogni alchimista – la vive in modo tutto suo, tanto da descrivere il processo (l’iter) in guisa non di copia conforme al vissuto di un altro; è per ciò che le sequenze non sono riportate dai diversi auctores in modo pedissequo.
Per concludere sul punto: non c’è una sequenza di rigore nelle “operaziones” per la quale si compie l’Opera, ma è l’operatore a fare la sequenza … relativamente.
Poco, ma sicuro: la sceneggiatura dell’Opus non è di ferro e neppure è a priori, ma va delineandosi nel corso dell’Iter secondo schemi diversi nessuno dei quali è da privilegiare, poiché valgono or l’uno or l’altro secondo la prospettiva più confacente al momento; d’altronde non sono tanto binari comportamentali quanto piuttosto descrizioni del comportamento dell’operatore nell’ordine di una certa modellistica.
Se si vuol vedere lo svolgimento operativo in termini di progressiva rarefazione del corporeo (“spesso”) verso lo spirituale (“sottile”) ben lo si può assimilare , omologare, ad una riduzione della Terra (operatore) nel suo spessore, ad una fluidificazione che converte lo “spesso” in Acqua, la quale evapora al calore dei Fuochi (energie vitali applicate) e a sua volta si converte in Aria che per effetto del “calore” si infiamma e diventa Fuoco; ma questo non avrebbe realtà concreta se non si materializzasse – a fine del ciclo – in Terra … Terra sì, ma nuova.
Il modello della Conversione dei Quattro elementi (Terra, Acqua, Aria e Fuoco) – cui sono correlate le quattro Qualità: Freddo, Umido, Secco, Caldo, con funzione motrice – di cui base comune, poiché li contiene allo stato indiviso, è la Quinta Essenza, richiama quello del quaternario delle Forze o Interazioni di certa teoria della scienza, che sigla le quattro come aspetti diversi di una sola Forza ossia come manifestazioni di un unico campo soggiacente: il Campo Unificato delle Forze, seppur da una panoramica “scientifica”. Cambiano i nomi ma non le “stoicheia” (nota: Elementi in greco, citati da Platone).
Fra i molti modelli, si distingue quello caro al Dorneus (uno dei maggiori fra i testimoni (auctores) dell’Opus.
Il Dorneus, a quella che è l’Unio Naturalis (per cui l’uomo è quello che è) fa seguire nel programma operativo l’Unio Mentalis, quale Congiunzione degli Opposti in interiore homine (crf. Le Nozze alchimiche di Re e Regina o dell’Adam e dell’Eva) o di Spirito ed Anima in “separatione corporis” ossia, alias di Zolfo e Mercurio a parte il Sale; a seguire è l’Unio Corporalis con l’integrazione del Corpo- Sale cosicché ne venga il Corpo di Resurrezione.
La progressione dall’Unio Naturalis all’Unio Corporalis tramite l’Unio Mentalis richiama la regressione che, nella metafisica egizia del post mortem, segue alla Prima Morte – fra il corpo divenuto cadavere (da una parte) e lo spirito e l’anima (dall’altra) – e poi alla Seconda Morte con la “divisio” tra lo spirito e l’anima, e il riassorbimento nel ciclo cosmico del divenire (vedi il cibo dell’Aquila). (Nota: cfr. i testi del Castaneda).
Sia chiaro che i significati in gioco sono valori trans personali anche se nell’essere umano o dell’essere umano.
Ma l’unione del Microcosmo col Macrocosmo quale “coniuctio” fra Uomo e Mondo, si realizza in un ulteriore stato, quello dell’Unio Mystica (etimologicamente “segreta”) che chiamo Perfecta, poiché completa, senza residui.
Alla mappa dell’Iter del Dorneus si collega – non intenzionalmente - quella del “Viaggio” del New Age (o di certo New Age) volto all’integrazione dell’uomo nelle sue componenti (corpo, anima e spirito), sperimentandone l’unità di fondo, per proseguire in vista dell’Unione con l’essenza dell’Universo.
La mappa del New Age, però, anche se non formulata in termini psicoterapeutici, ne è condizionata operativamente, come dire che il “viaggio” non è controllato dal viaggiatore.
A monte, comunque, di ogni modello ermetico – alchimico è la Weltanschauung (nota: in tedesco visione o immagine del mondo) per cui il sensibile è come precipitato storico di quel pensiero che incorpora e che suo tramite appare materiato, dal cristallo – la cui architettura è corpo del pensiero geometrico che lo fa cristallo – all’Uomo, nel quale si struttura il Principio come Psiche, come Pensiero, non pensato ma pensante, vero e proprio deus absconditus: in sonno nell’inanimato, in sogno nel vivente, in veglia nell’umano.
Per l’alchimista tutto il Creato, nei suoi molteplici aspetti, è un linguaggio non fatto di vocali e consonanti ma di fenomeni, segni significativi del psichismo in essi incluso ossia della loro “anima”.
In ciò il deus obscurus ha le caratteristiche psicologiche dell’Inconscio, mentre gli dei hanno quelle degli Archetipi e in luogo del nesso di causalità – di causa ed effetto cioè – ricorre quello di casualità - o regime del Caso – per il quale le cose accadono (cadono) dal Cielo, visto il Caso come “signum dei”, espressione di Dio.
Si può allora comprendere perché il mondo dell’alchimista sia mondo delle coincidenze “celesti” (intendi celate, occulte) (quindi anche astrologiche) nonché delle analogie, che ben più che similitudini fra differenti sono identità occulte.
In definitiva l’alchimia sottintende una specularità fra uomo = microcosmo e mondo = macrocosmo, data dal fatto di essere l’uno e l’altro modi di esistere, di essere della Cosa Una.

GIAMMARIA
L’alchimia Questa Sconosciuta Riccardo Editore