Centro Studi Ermetici Alchemici

L'INEVITABILE ALLEANZA

Ho sempre trovato compagnia in un Bosco. Fin da bambino, la presenza di alberi e di angoli da scoprire mi da la sensazione di essere a casa. Sono cresciuto in una campagna a ridosso di un monte, il mantello verde di abeti e pino lambisce le strade della quotidianità da sempre. Per noi di queste terre il Bosco è un essere quasi invisibile tanto è noto: non ci facciamo quasi più caso. La Primavera non ha mai abitato i calendari ma è nelle fioriture degli anemoni e delle primule. Ci accorgiamo come animali selvatici dei primi aliti di Zefiro, il vento tiepido che schiude il grembo alla terra. Siamo integrati e siamesi ai vortici naturali degli elementi, a loro siamo fedeli. Improponibile pensare che l’aria sia pulita: l’aria per noi può solo essere pulita, non ci sono alternative! Un’aria sporca non è aria. Al pari il suono del silenzio, che non è assenza di suono ma unione felice di armonici.

Nasco da questa matrice e per indole ho cercato di comprenderla, quasi rendendomi estraneo. Mi sono allungato verso l’esterno per trovare gli abiti dell’ordinario, del normale, e ne sono rientrato per comprenderne le differenze. Un alchimista è attore e spettatore dello stesso film, deve sapersi mutare nel personaggio a lui più utile, per poi virarlo verso il nuovo obiettivo, e infine non averne più bisogno.

Per l’uomo ordinario il Bosco è un luogo difficile e scomodo. Occorre spostarsi per raggiungerlo, e spostarsi significa lasciare un luogo comodo e sotto controllo per uno totalmente ingestibile. Il Bosco è ciò che non si conosce, che pulsa stando fermo, che dilaga se non contrastato. Il Bosco è la dimora di esseri ignoti, di storie raccontate sottovoce, di un brivido antico come l’intera umanità. Il Bosco fa paura. L’uomo ordinario, dall’alto della sua potenza tecnologica, sa di fronteggiare un nemico che lo costringe all’angolo ancora prima averlo affrontato. E la ragione è banale: il Bosco attrae. Attrae talmente forte da destabilizzare ogni civile certezza.

Ho trascorso gli ultimi venti anni della mia vita a studiare il Popolo vestito di verde. Da un inizio quasi obbligato, dove mi sono visto guarire, abbandonandomi una notte tra gli alberi, là dove la medicina ufficiale aveva alzato le mani; fino alla veste, che è diventata pelle, dell’uomo che parla con gli Alberi. Oggi, alla domanda “perché il Bosco è importante?” rispondo prima di tutto con un sorriso. Un sorriso che ha dentro una frase definitiva: “perché è inevitabile”.

Qualunque sia la natura dell’essere umano, il confronto con Alberi, animali, insetti, fiori, rocce e minerali, è il valico inevitabile per superare la dimensione della “sopravvivenza” ed accedere alla regione del “vivere”. Figuriamoci per un alchimista!

Entrare nelle dinamiche reattive che è in grado di indurre la dimensione selvatica non è la volontà di questo testo: richiederebbe un’argomentazione davvero sostanziosa. Non posso però vincere l’entusiasmo che vuole che io esprima, anche solo marginalmente, alcuni aspetti meravigliosi e spietati che riflettono la potenza insondabile dell’entità Bosco. Ne toccherò soltanto tre, come fossero tre colpi solenni per ricordare all’uomo ordinario e all’operatore alchemico le gerarchie e gli ordini del cosmo.

Primo: il Bosco è il più grande archivio esperienziale di tutto il pianeta. Interagendo anche solo con un semplice albero è possibile accedere ad informazioni originate all’alba della prima primavera quando la vita venne estratta dall’acqua, da piccoli corpi vegetali, per essere consegnata alla terra. Nelle pagine genetiche scritte dalle ere, vennero incisi i codici delle singole emozioni e di ogni stato psichico oggi noto. Accarezzando una corteccia si ascolta il suono dell’intero progetto biologico terrestre. Per un alchimista, aprire un dialogo con un essere vestito di verde, significa offrirsi all’azione di uno dei più potenti reagenti capace di accompagnare ogni operazione di soluzione e coagulo del composto.

Secondo: il Bosco è una delle culle predilette da Afrodite. In ogni piccolo dettaglio se ne avverte la presenza o il passaggio. Mai sentenza fu più vera: il Bosco è bello! Bello della sua espressione diretta dei corpi siderali. Bello della presenza manifesta del Fuoco, dell’Acqua, della Terra e dell’Aria. In ogni suo respiro ruota la danza delle stagioni, esposta, dichiarata e pura. L’alchimista può offrirsi alle più coinvolgenti delle osservazioni, assorbendo ad ogni sguardo sostanze pure che riportano ordine ai suoi piani accrescendone le energie vitali. Ogni singolo dettaglio, dalla screpolatura di un tronco, allo sguardo incrociato con un animale selvatico, ha valenza evocativa ed emblematica. Ogni fotone che rimbalza sulla Natura e colpisce un nervo ottico può attivare emozioni utili alla costruzione dell’Opera. Il Bosco fa bene anche visto da lontano, e soprattutto in questa epoca di profonda bruttezza culturale e distruzione rimane un punto di riferimento estetico insostituibile.

Terzo: il Bosco ci vuole bene e ci desidera. Ogni volta che decidiamo di tornare a fargli visita con l’intento di incontrarlo si apre al nostro gesto offrendo totale collaborazione. Come un genitore con un figlio, perché proprio così è, ci accompagna nel superamento di ogni struttura egoica per indurci alla soglia della liberazione da noi stessi. In lui tutto è chiaro, dalla gerarchia che lo induce al naturale sacrificio, all’autorità che lo rende capace dell’azione dominante: gli alberi senza l’uomo sopravvivono, l’uomo senza alberi non è nemmeno minimamente concepibile. L’alchimista che cerca e ottiene il patto dell’alleanza col Popolo vestito di verde sa di poter contare su di un complice eterno, maestro di lealtà, ordine e puro sentimento.

Il mio più caro dei saluti, fresco come il fiore del Ciliegio e antico come il tronco di un Larice.

MICHELE GIOVAGNOLI